Pinguino, un brindisi per l’uomo più forte di Riva

Vittorio Colombo13/06/20215min
pinguino


Era noto come “Pinguino”, ma il perché del nome non lo so. Forse c’entrava la sua camminata… Boh. Quel che conta è che era una vera forza della natura. Beh, il calcio, prima di tutto. Aveva un sinistro che era una bomba. Un provino nel Milan e sfaceli nella Benacense. Quando giocava, le tribune erano così piene che chiedevano pietà. Gol fuori di testa e leggendari. I caporioni della Benacense piazzavano un fiasco vicino ad un palo della porta avversaria. Lui vedeva rosso, o il rosso, ed era una cannonata. Col gol si beccava il fiasco. Ogni partita bucava la rete e, a dirla tutta, s’erano anche stufati di “giustarla”. Una volta, che era in vena, tirò un missile che tranciò di netto il palo alla base. E la porta quasi ammazzò il portiere.
Andò anche in America, a far cosa non lo so. Ritornò a Riva e conquistò il titolo di scaricatore numero uno. Era talmente forte che faceva il lavoro di una squadra. Così chi lo chiamava risparmiava, anche se poi sempre di compensi liquidi, a buona gradazione, si trattava. Alleggeriva i camion da quintali di roba e i camion si sentivano proprio sollevati. Un bel giorno in via Montanara provvide, da solo, a trasportare una “fornela”, una cucina economica. Come ben sa chi ha dovuto spostarne una, è un macigno di un paio di quintali almeno.
Un’altra volta al panificio delle “Zuchelone”, da solo, scaricò un intero camion con rimorchio. Per tutto il giorno fu un su e giù dallo scalone, carico sulle spalle come un mulo. E a sera, a operazione conclusa, dovettero fermarlo. Stava riportando giù la roba per ricaricare il camion. Perché aveva preso l’onda.
Tante cose si spiegano se si pensa che era del Marocco, il fiore più bello della rivanità. Lì trovò l’amore. Sposò, tornato dall’America, una bella donna. La storia d’amore fu favorita dal fatto che non c’era da far tanta fatica. Abitava proprio di fronte a lui, dall’altra parte della strada. A tiro d’occhio. Uno che sostiene di aver assistito agli sponsali la racconta così. La macchina da cerimonia, con tanti bei festoni e fiori, aveva a bordo la sposa. Il promesso non aveva però tirato il freno a mano. Così l’ammiraglia nuziale andò giù, per forza, vista la pendenza del vicolo dello Stento. Prima pian piano, poi si gasò, prese velocità e andò a stamparsi su un muretto in fondo. Tra gli “evviva gli sposi” e i brindisi degli amici.
Patito di cinema, era di casa al Perini. Non si perdeva un western, nei Sessanta era tutto un Django, Sartana, ecc. Quei film lo prendevano, poi metteteci anche che era un burlone simpatico. Uscito dal cinema, si piazzava al cantóm Perini, davanti al Copat. A gambe larghe e con piglio finto truce intimava: “Documenti!”. Estraeva quindi dalle tasche le mani e le spianava a mo’ di pistola. E minacciava: “Mani in alto o sparo!”.
Per essere sempre più veloce nei duelli si esercitava davanti allo specchio di uno dei tanti bar conosciuti. Sarebbe piaciuto davvero un sacco a Sergio Leone.
Non aveva però solo momenti belli. Al bar da Mario, di fronte alla funivia del Bastione, vatti a fidare degli amici, lo tormentavano: “Pinguino, di’ abbasso il Milan”. Una bestemmia per lui rossonero sfegatato. Resisteva, sudava, poi, con l’esca di un bicchiere di rosso, cedeva, ma a denti stretti e mugugnando. E il bieco tentatore: “Non ho capito. Più forte!”. Allora esplodeva quell’ “abbasso il Milan”, un boato fino al Bastione. Il doloroso ricatto per sanare l’arsura.
Era simpatico e generoso. Tutti gli volevano bene. Di carattere socievole non disdegnava talvolta di fare due chiacchiere ora con un albero, ora con un lampione. Talvolta, quando il sole lo colpiva alle spalle, con la sua ombra.
Uomo a tutto tondo, sbaglia chi sostiene che era solo un Maciste. Era anche uomo di testa. Lo dimostrò quando, un bel giorno, ci fu una sfida a testate in via Montanara. Proprio una bella tradizione rivana. Stese con una sola capocciata l’avversario che da allora sentì la testa pesante. E il Pinguino festeggiò la vittoria, una delle tante imprese della sua vita leggendaria, con un meritato brindisi.
Vittorio Colombo

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