Willy Brandt venne a Riva per pescare, ma i pesci non abboccarono
Quando Willy Brandt venne qui da noi, gli occhi del mondo si puntarono su Riva del Garda. Sceso dal suo Jet-Star all’aeroporto di Villafranca percorse, con un codazzo d’auto, la Gardesana. Ad attenderlo all’hotel Du Lac (nella foto è con il direttore Gianni Zontini) c’era mezzo Parlamento, il presidente trentino Kessler, il commissario rivano Pontalti e un assembramento di giornalisti che sembrava la Messa di Natale. In realtà quel 7 aprile del 1971 odorava di Pasqua.
Il Cancelliere tedesco era il santone della Ostpolitik, cioè del disgelo con la Russia. Strette di mano, salamelecchi. Qui si fa la storia… In ballo la guerra fredda tra Russia e America.
“Sono venuto per pescare” dice in buon tedesco il Cancelliere.
“È venuto per pescare” traduce in buon italiano l’interprete.
“È venuto per pescare” si dicono l’un l’altro Kessler e Pontalti.
I giornalisti fremono. L’interprete, Kessler, Pontalti si girano e dicono loro: “È venuto per pescare”.
E i giornalisti fanno: “Ah… è venuto per pescare”. E lo scrivono sui taccuini.
E già pensano al titolo del loro giornale: “Willy Brandt a Riva del Garda, pescatore dei destini mondiali”.
Dieci giorni di vacanza all’hotel Du Lac. Mille i giornalisti, qualcuno anche dal Giappone. Fotografi fin sugli alberi del Murialdo. Willy Brandt, accompagnato dal figlio Lars, non si sa se pescatore o ateo, tira fuori la sua canna da pesca. Un cannone della Krupp. Lo accarezza e sogna.
Parte il circo. Ricevimenti, buffet, inchini. Un codazzo gli sta alle calcagna. E lo pressa… “e la Russia… e l’America… e la Germania?”. Lo portano in Municipio, in Cartiera, in Rocca. Il Cancelliere sprizza gratitudine. Ma gli occhi tradiscono il desiderio, così chiede a un passante: “Ma qui da voi, quando si pesca?”.
Una mattina in pigiama si affaccia alla finestra del Du Lac. Dice al mondo: “Oggi si pesca. A Gott piacendo”. Si veste da pescatore. Forse punta gli ami sul cappello. È felice come ad una Oktoberfest.
Laghetto del Du Lac. Il Ministro di caccia e pesca gli chiede: “Che esca?”. Lui risponde “Mosca”. È il finimondo. I giornalisti intasano i telefoni, le agenzie fondono le telescriventi: “E New York che dice?”.
Ha uno stile classico. Fa mulinare al vento la canna e effettua un lancio magistrale. Mezzo mondo gli sta intorno… con i mille giornalisti, una vagonata di cecchini e un raduno biblico di Rivani. Niente, galleggiante immobile. Passano le ore. Imbarazzo. Il fatto è, dicono gli esperti, che visto il casino, tutti, ma proprio tutti i pesci dell’alto lago si sono spostati. E a Malcesine e a Limone c’era chi diceva: “È tornato Gesù, c’è la moltiplicazione dei pesci”. E non contenti aggiungevano “E i pani?”.
Ora ve la dico tutta. Padroni di non crederci. Ma è vera. Un sub, ingaggiato dall’Ettore Righi per l’Azienda Turismo, nuotando nel profondo, attaccò all’amo del Cancelliere dei pesci dal tragico destino. Così la sera, nel Gran Galà all’hotel, vennero portati in tavola i pesci stecchiti. E ci furono grandi applausi per il pescatore che sarà stato anche Cancelliere, ma stupido non era. Da buon Ostpolitik stette al gioco. Ma il suo cuore sanguinava.
Si tentò anche al lago di Tenno, ma anche qui stessa solfa. Nel mondo dei pesci si era ormai sparsa la voce. Alla faccia di chi dice: “Muto come un pesce”.
Venne così l’ora del commiato. Prima di salire sull’elicottero al campo Benacense, si fermò, da buon Cancelliere, davanti al cancello dell’asilo dei Sabbioni. I bimbi gli dissero: “Ciao”. Lui Rispose: “Gut, Kinder”. E a un bimbo scappò: “Cioccolatini o brioches?”. Poi si riscattò con un “Andata bene la pesca, Willy?”.
Fu allora che il santone della Ostpolitik lasciò andare una lacrima. Ma una sola, perché che volete che sia una trota o un persico, o financo un nobile “cavazìn”, di fronte ai destini del mondo?
E il giornalista giapponese chiese: “Ma perché è venuto Willy Brandt?”.
Vittorio Colombo