Dai vivai il futuro del calcio, ma la responsabilità è dei dirigenti
Dopo gli “oh” di meraviglia che hanno fatto seguito all’ingresso in sala della gigantesca torta “a tema”, confezionata dalla figlia e dalla nipote, Franco Vassallo si è potuto finalmente sedere a tavola per l’ultimo brindisi con l’animo in pace. Tutto era andato nel migliore dei modi. E non tanto la tradizionale cena con le Società partecipanti – che stavolta ha avuto come teatro il Palace Hotel Città di Arco – quanto per il convegno del pomeriggio nella sala consiliare del Casinò che Vassallo, in collaborazione con il Comitato Provinciale della Figc, ha voluto regalare agli allenatori, ai dirigenti e ai presidenti in occasione dell’edizione n°20 del Torneo Pulcini Città di Arco il cui titolo, non a caso, riguardava proprio il ruolo importantissimo dei vivai affinchè il nostro calcio possa avere un domani.
“Dai vivai il futuro del calcio?”, un tema apparentemente scontato ma non tanto se si pensa che l’Uefa sta disegnano un progetto per le Coppe alle quali le società, che hanno conquistato sul campo il diritto a disputarle, debbano partecipare con in lista un certo numero di giocatori fatti in casa.
Non tanto anche perché l’argomento è stato messo nelle mani di Roberto Samaden, responsabile del floridissimo settore giovanile dell’Inter e vicepresidente nazionale del settore giovanile e scolastico della Figc, e di Stefano Vecchi, il tecnico che, per così dire, ha valorizzato il lavoro di Samaden vincendo con la Primavera nerazzurra due campionati nazionali, una Supercoppa, una Coppa Italia e un Viareggio. Il tutto opportunamente miscelato dal coordinatore del dibattito Elio Proch e dagli interventi di Ettore Pellizzari, presidente del Comitato trentino della Figc, che ha fatto gli onori di casa.
Per esempio, per Samaden il gap esistente tra il vivaio di una squadra dilettanti e quello di un importante club professionistico non va ricercato tanto tra coloro che insegnano calcio ai più piccini. Nella media – ha detto – i nostri allenatori sono preparati, tutti o quasi, hanno frequentato corsi di aggiornamento o hanno sfruttato le occasioni che si sono loro presentate per crescere. Mancano, invece, i buoni dirigenti e mancano anche i corsi per trasformare persone di buona volontà in dirigenti capaci di gestire e far crescere un gruppo. Il responsabile del settore giovanile dell’Inter ha dato inoltre una spallata agli attuali sistemi di allenamento, troppo ingessati dagli orari che, alla fine, limitano le effettive ore che i ragazzi trascorrono in campo. Ci stanno troppo poco – ha detto Samaden – bisogna farli giocare di più e tenere sempre presente che i nostri ragazzi devono divertirsi a giocare, essere felici di appartenere a un gruppo e di crescere con dei compagni che alla fine diventano amici. Il tecnico migliore, a Milano come in un paese di una vallata sperduta, è quello che inizia un campionato con 20 ragazzi e lo termina con 21, perché, al di là dei risultati, ha saputo creare una realtà attraente.
Tanti i temi affrontati da Samaden e ribaditi, con esperienze maturate sul campo, da Stefano Vecchi. Non poteva mancare quello relativo ai genitori troppo invadenti.
Per Samaden, invece, i genitori, opportunamente gestiti, diventano una risorsa. La Società li dovrà incontrare a inizio stagione, presentando loro i programmi e i tecnici che seguiranno i loro figli oltre ai dirigenti delegati a seguire quella realtà. E sarà cura di questi ultimi gestire nel corso della stagione i periodici incontri con i genitori, evitando ingerenze tecniche ma coinvolgendoli nel progetto. Ecco perché, insomma, accanto ai corsi per allenatori servono anche quelli per dirigenti.
Il dibattito, con protagonista un pubblico particolarmente interessato e numeroso, ha concluso la serata.