Quando il Giovanni portò la vitellina Gigliola all’Ospedale di Riva

Vittorio Colombo31/10/20214min
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Questa è una storia vera. E a Sant’Alessandro di Riva ci sono fior di testimoni.
Giovanni Benini era un personaggio assai noto, un contadino amato da tutti. Generoso, sempre allegro e dotato di un buon senso dell’umorismo, che non guasta mai. Aveva una campagna all’ingresso del paese. Nella campagna c’era la casa. E nella casa c’erano stalla e pollaio.
La casa del buon Giovanni veniva chiamava “Carne salada, voti e fasoi”. Questo perché i politici, non importa di che razza, complice il sempre disponibile e accogliente padrone, vi tenevano serate nelle quali si abbinavano mangiate epiche ad accorati appelli in vista di elezioni varie. E le compagnie, in notti ormai lontane, riempivano l’aria paesana si canti. Da “ Biancofiore che da Roma…” a “L’uselìm de la comare, che più sù voleva andare”.
Capita che un giorno la mamma del Giovanni, che di nome fa Ida, viene ricoverata all’ospedale di Riva. Il Giovanni, figlio più che amoroso, le fa visita ogni santo giorno. E le racconta di come vanno le cose nella avita casa di Sant’Alessandro. Che fanno le galline? E che dicono le patate? E avanti così…
Finché un bel giorno la notizia tanto attesa. “Sai mamma, è nata la vitellina”. “Ma davvero? Dimmi, Giovanni, come l’hai chiamata?”. “Gigliola, come volevi tu, mamma”. “Oh che gioia. E gli occhi, come sono gli occhi?” “Un po’ bovini, tutta suo padre”.
Il Giovanni capisce che mamma Ida arde dal desiderio. Così, un pomeriggio, pettina la Gigliola e la mette sul cassone della sua Ape, Si ferma un secondo al chioschetto dei Martini all’Inviolata. Compra una bottiglia di cedro, mentre ha già preparato un sacchetto con quattro rape rosse.
Parcheggia proprio davanti al Pronto Soccorso. La Gigliola è una neonata. Ancora malferma sulle gambe perciò la prende in braccio. E, contento, bussa, si fa per dire, alla porta all’Ospedale. L’infermiera chiama l’infermiere, l’infermiere chiama la suora, la suora chiama “Oh Signore”, e arriva il dottore. Il tempo si ferma. Che fare? Il dottore, che non per niente ha fatto gli studi grandi, dice: “Non è giorno di visita”.
Il Giovanni capisce l’antifona. Fa dietrofront e la Gigliola, visto che proprio non ci sta seduta accanto al guidatore, torna a casa sul cassone dell’Ape.
Il caso, come il dado, è tratto. Tanto che, qualche anno dopo, chiuso il nosocomio di Riva, sulla porta dell’ospedale di Arco compare un cartello con la scritta: “ Non sono gradite le vacche rivane”.
Ma non divaghiamo, la storia, quella della Gigliola, come finì? Beh, un bel giorno il Giovanni caricò la mamma, dimessa dal medico che la sapeva lunga, sul cassone dell’Ape e la portò a casa. Mamma Ida abbracciò la vitellina, la vitellina abbracciò il Giovanni, il Giovanni abbracciò mamma e la vitellina. Ed è lì che nacque la giornata degli abbracci. E vissero tutti felici e contenti.
(Il disegno è di Adone Negri, da “L’Alber de la Maldicenza”, dicembre 1974)
Vittorio Colombo

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