L’architetto Maroni e il Gerarca, la Spiaggia e la rapa
L’architetto Giancarlo Maroni con maestria disegnò su un foglio lo schizzo della futura opera. Era il 1929, quando si tenne una riunione ad alto livello per dar vita ad un’opera di prestigio. Prese così forma il progetto della Spiaggia degli Olivi. L’architetto del Vittoriale di D’Annunzio stava ridisegnando l’immagine architettonica e turistica della città di Riva e l’incontro verteva sulla proposta-progetto di realizzare un complesso gioiello fronte lago. Attorno al tavolo, presieduto dal Maroni, c’erano, con il presidente dell’Azienda di Soggiorno Ettore Righi, gli albergatori Zontini, Perini e Gelmetti e i maggiorenti, politici ed economici, cittadini. Non poteva mancare il Gerarca fascista che, come si può ben immaginare, pretendeva di avere voce in capitolo. Così tutti seguivano lo schizzo del Maroni con ammirazione e, con cenni del capo, esprimevano approvazione. Si doveva comunque abbattere un fabbricato che sorgeva nei pressi. Era la Casa del Balilla, un complesso lungo e basso con tanto di intitolazione sul frontale. Sguardi sullo schizzo e rispettoso silenzio.
Ma una voce marziale, di quelle abituate a strillar ordini, si levò a rompere l’incantesimo. Il Gerarca strillò: “Macché Spiaggia degli Olivi e altre stupidaggini borghesi e plutocratiche! Facciamoci un bel campo di rape!”. E, tra lo sbalordimento generale, aggiunse: “Le rape almeno a qualcosa servono. Si mangiano e sono buon alimento per camerati e cittadini”.
L’estemporanea uscita destò scalpore, ma l’autorità del Maroni e la compattezza dei Rivani eccellenti pesarono sulla decisione. E così si diede l’avvio ai lavori della Spiaggia degli Olivi. Nel 1934 l’opera era conclusa. Era bellissima e ne godeva l’intero panorama rivano. Tutto bene ma, come ben si sa, ci sono cose che non si dimenticano. L’inaugurazione della Spiaggia fu l’evento mondano dell’anno. Presenti autorità di ogni genere, l’attenzione di tutti fu attratta da una sorta di monolite che giganteggiava nell’atrio del salone: era un’enorme rapa. Era la risposta ironica allo sproloquio del Gerarca di cinque anni prima. A Riva quella storia del campo di rape aveva fatto da tempo il giro di bar e salotti. Così, di fronte al “Monumento Rapesco”, tutti capirono l’intelligente presa in giro. Risate e risatine crearono, attorno alla mega Rapa, una vera festa. Il Gerarca, paonazzo, dovette ingoiare il rospo. La mega Rapa rimase un bel po’ al centro del salone a ricordare che, anche in tempi bui, non si vive di rape, ma di cultura e bellezza. E il Gerarca? Quando con passo marziale passava per le vie, i Rivani si davano di gomito. E, sorridendo, annunciavano: “È in arrivo il Rapanello”.
Vittorio Colombo