Il naufragio del veliero “Roma”, miracolati Cattoni e Cretti

Vittorio Colombo02/02/20255min
ROMA .ZENO DIERNER - Copia

Il veliero da trasporto “Roma”, a doppia alberatura, è nel porto di Desenzano. A bordo 250 quintali di cemento. Giovanni Cattoni, il proprietario, guarda il cielo minaccioso, fiuta il vento, scruta il lago che si fa sempre più inquieto. Dice al suo aiutante, Bortolo Cretti: “Niente di buono. Ma a Riva aspettano. Possiamo farcela”. Giovanni, 50 anni, e Bortolo, 56, sono dei veri “lupi di lago” rivani. Alle 10 di mattina di un giorno di febbraio del 1938, nonostante il tempo sia sempre più minaccioso, salpano. Per un’ora si va alla grande. Poi di colpo s’alza il “vinessa”, il vento più temuto e pericoloso, quello che diventa tormenta. La tempesta si scaglia contro il fianco del “Roma” che si inclina paurosamente con le vele squarciate. “Il porto di Moniga è l’unica speranza di salvezza!” grida Giovanni. I due si dannano manovrando alla disperata nell’inferno d’acqua e di bufera. Riescono a condurre il veliero a un centinaio di metri dalla sponda. Il dramma viene seguito dagli abitanti dei paesi sul lago che affollano le rive. Assistono con raccapriccio all’agonia del veliero. Giovanni e Bortolo gettano in acqua una barchetta e vi si buttano a bordo. Cercano, facendo forza disperata con un remo, di allontanarsi quanto più possibile per non farsi trascinare a fondo dal “Roma”. Il veliero s’impenna, si capovolge e in breve scompare inabissandosi in un gorgo di schiume e di vortici. La piccola barca dei due marinai è sballottata da onde gigantesche. Non riescono ad accostare e la loro sorte sembra segnata. Le loro urla di “aiuto” entrano nella bufera, l’aria è un mantello scuro di tempesta. Sulla sponda c’è tutta la gente del posto. Alcuni pescatori cercano con le loro barche di andare in soccorso, ma le barche vengono ricacciate sulla spiaggia. Tutto è perduto.
“Il milite Enrico Magni, reduce dall’Africa Orientale, un gagliardo contadino sui ventisette anni – scriverà il giorno dopo il giornale di Brescia – si muniva di una corda e si gettava in acqua vestito com’era. Il suo gesto pareva temerario e veniva seguito con apprensione. Ma il giovane superava, nuotando energicamente, la distanza che lo separava dal Cattoni e dal compagno, lanciava loro la corda e, unendo i suoi sforzi ai loro, riusciva a trarli a riva in salvo. Pianti e abbracci”. Il Cattoni siede a terra e guarda sconsolato il lago infuriato che si è inghiottito il suo “Roma”. Se l’è cavata un’altra volta. Due anni prima, all’altezza di Sirmione, il “Roma” era stato colpito da una tempesta di uguale violenza. Il suo timoniere, scagliato in acqua, era annegato. Giovanni, sbattuto fuori bordo, si era aggrappato a un’asse. Era stato poi raccolto stremato presso la zona di Catullo. Aveva lottato otto ore con le onde e con la morte. Giovanni, il miracolato due volte, ma a che prezzo! A Moniga, dopo il dramma, siede sconsolato. Piange. “Tanto lavoro, tanti sacrifici, sono rovinato!” esclama. “Il pover’uomo – si dice nella cronaca del giornale bresciano – è disperato per la perdita del veliero del valore di 60 mila lire. Non essendo assicurato, rappresentava tutta la sua fortuna. Aveva cominciato a fare il barcaiolo a nove anni e dopo quarantuno anni di lavoro si vede ridotto in miseria”.
Nel 2014 i volontari sub di Salò, con Mauro Fresato e Luca Turrini, scendevano a 120 metri di profondità e trovavano il relitto del “Roma” adagiato sul fondo. Qualche anno dopo veniva fatta l’esplorazione con foto del relitto da parte del “New Diving Torri”, società di attività di immersioni. Ci sono, con le foto del relitto, quelle della polena, un orgoglioso “Tritone” ligneo che dalla prua un tempo ormai lontano dominava onde e porti. Ora il re delle acque riposa con il suo “Roma” sul fondo del lago.
Vittorio Colombo