Il Collegio delle orfanelle di Riva e quella tragica caduta nel dirupo

Vittorio Colombo09/01/20225min
orfanelle busa


Era l’estate del 1953 quando le ragazze dell’orfanatrofio di viale Dante a Riva del Garda parteciparono ad una passeggiata nei boschi di Cavrasto, nelle Giudicarie. Venne la sera ma due di loro non rispondevano all’appello. Lungo il sentiero le due amiche erano rimaste indietro, tutte prese dal racconto di una cerimonia di matrimonio alla quale, qualche giorno prima, una delle due aveva partecipato. Si erano perse e purtroppo cadute in un precipizio: Una aveva perso la vita, l’amica era riuscita a salvarsi dopo essersi afferrata alle fronde di un albero. Ad Arco vive e ricorda quel fatto l’allora ragazza che riuscì miracolosamente a salvarsi.
Le Suore di Maria Bambina che gestivano l’orfanatrofio dovevano aprire e chiudere la fila delle ragazze sul sentiero, e vennero ritenute in qualche modo responsabili, se non altro di condotta negligente. Non fu quello il solo motivo, ma seguì un difficile confronto nel quale quel fatto tragico ebbe un peso determinante e, dopo qualche tempo, si decise di cambiare l’Ordine religioso che aveva la responsabilità della gestione. Così il Collegio venne affidato per qualche anno alle suore del Sacro Cuore, fino alla chiusura definitiva che avvenne non molto tempo dopo.
A detta di qualche ex il clima, dal 1954 in seno al Collegio, migliorò. Negli anni Sessanta venne messa la parola “fine” allo stabile di viale Dante.
Il Collegio delle Orfanelle è stato per decenni una presenza ben conosciuta alla comunità rivana. Si trovava in uno stabile in via Dante un tempo adibito ad albergo con un grande scalone di marmo, che, negli anni Sessanta, venne abbattuto ed al suo posto venne edificato l’attuale condominio, cancellando ogni traccia visibile di quella storia che, per diversi aspetti, sembra ancora pesare sulla coscienza di una parte della città.
Le orfanelle quando venivano fatte uscire dal Collegio per un funerale, in silenziosa fila a due a due, indossavano la divisa che, se pur ce ne fosse stato bisogno, le distingueva dalle più fortunate coetanee, Portavano con rassegnazione, di certo con un senso di mortificazione e tristezza, la mantellina di colore blu e il basco mentre, quando la loro presenza non era imposta da circostanze lugubremente ufficiali, portavano una veste a quadretti bianchi e neri.
Il Dopoguerra rivano, come altrove del resto, era segnato da povertà e sofferenza. Lutti in diverse famiglie e indigenza, se non proprio fame, per mancanza di lavoro.
L’istituzione era gestita dalla Chiesa, della quale le suore di Maria Bambina erano il solerte braccio operativo, ed era sostenuta da Pie opere di assistenza, tra le quali la San Vincenzo, con il sostegno del Comune e grazie alla beneficenza di privati che rispondevano alla necessità di dare una casa a bimbe e ragazze segnate dal lutto di uno o entrambi i genitori. In taluni casi, va riconosciuto il fatto che il Collegio era l’unica risposta a situazioni di grave disagio.
Delle suore e di quegli anni di “detenzione per il loro bene”, alcune “ex orfanelle”, hanno ricordi contrastanti anche se, com’è naturale, prevalgono le amarezze, i momenti di sconforto, in taluni casi la memoria dell’eccessiva intransigenza di alcune religiose.
Dalla chiusura del collegio, negli anni Sessanta, iniziò un cammino per tutti i giovani in qualche modo in difficoltà, segnato da forme si sostegno e di assistenza umane, civili e rispettose delle personalità e dei bisogni.
Il Collegio delle Orfanelle di viale Dante è ormai un ricordo sfumato, del quale la città sembra voler fare volentieri a meno. Se si cancella quella storia, si dice, è meglio per tutti. Ma non è mai giusto dimenticare, ed è doveroso salvaguardare il ricordo di quella che è stata una pagina, discutibile fin che si vuole, ma che va rapportata alle difficili e spesso mortificanti logiche di quei tempi, quando i funerali erano aperti dalla fila composta di bimbe e ragazze dagli occhi bassi e dalle tristi mantelline blu.
Vittorio Colombo

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