Elido, che dormì sulla tomba dell’amata Rosina
Tutti se n’erano andati dopo il funerale. Tutti meno uno. L’Elido era rimasto lì, vicino alla tomba. E quando era calata la notte, sul mondo e sul cimitero di Arco, l’Elido si era sdraiato lì, sulla terra da poco smossa, per dormire, ancora una volta, con la sua Rosina. Lei lo aveva lasciato, ma solo perché la morte non fa sconti, né ai ricchi né ai poveri.
L’Elido e la Rosina erano poveri, qualcuno dirà degli emarginati, ma erano ricchi di quel sentimento che si chiama umanità, affetto. E perché no, anche amore.
La figura dell’Elido fa parte di quella schiera di personaggi che hanno regalato un’anima popolare a tutta la Busa. Sguardo stralunato, capelli sconosciuti al pettine, vestiti stazzonati. L’Elido viveva la dimensione della strada. Era l’altra faccia, ma non per questo meno vera, della città “per bene”. Aveva così vissuto le sue stagioni da scatenato anarchico, fregandosene delle convenzioni e dei benpensanti. Era fuori dal coro e ne era contento.
Niente padroni, era una sorta di “ratto-baratto”. Ha campato per anni spingendo a mano un carretto pieno di legna per locali e clienti. Il salto di qualità con la raccolta, davanti ai negozi, dei cartoni che caricava sull’Ape. Quando frenava scendendo da largo Pina, l’Ape si impennava e i cartoni volavano in aria e riempivano le strade. Ed erano sempre urla, imbarazzanti per qualcuno, visto che il suo repertorio pescava per lo più nelle intimità femminili.
I testimoni così lo ricordano.
Silvano Tisi: “Ci portava la legna con un carro che, spinto a braccia, pesava più della legna stessa. Una vera forza della natura”.
Alberto Berti: “Da ragazzini, quando andavamo in fila indiana dal collegio Provvidenza alle Medie di Arco, passava il ponte con un carro pieno di legna. Se qualcuno gli urlava “Elidoo”, lui afferrava un pezzo di legna e lo tirava, ma senza l’intenzione di colpire. Era fortissimo e, per me, era un grand’uomo”.
Renato Pederzolli: “Un giorno con una signora aveva pattuito una certa somma per portare della legna in solaio. Dopo la lunga faticata la signora, un po’ furbacchiona, voleva dargli meno soldi. Lui, incazzato, tornato in solaio ha buttato giù in strada tutta la legna”.
Gianluca Benini: “Per non parlare di quello che mangiava, anche due o tre lucaniche al colpo”.
Giancarlo Galesso: “Da bambini ci faceva paura. Se lo provocavamo, ci tirava dei sassi. A volte passava in bici e gridava alle ragazze “Bella f…” o genericamente “Viva la f…””.
Altra testimonianza: “Metteva la testa nei negozi per chiedere cartoni. Gridava alla commessa, che se lo aspettava divertita, “Te la magno” con dotto riferimento al frutto proibito di Adamo ed Eva”.
Miriam Negri: “Un tipo unico. Lo ricordo quando lavoravo al bar Maggio. Poi l’ho ritrovato portando i pasti a domicilio. Il Comune gli aveva dato una stanza. Era accudito da bravi ragazzi. Una vita la sua così come lui l’ha voluta. È morto dignitosamente in ospedale”.
Pierina Giuliani: “Un vero personaggio. Ha conversato e rallegrato con l’alfabeto muto le signore e le signorine ricoverate al Sanatorio delle Palme”.
Mara Maino: “Alloggiava all’ex macello con la Rosina. Sono stati seguiti con affetto dalla cooperativa Arcobaleno. Ne facevo parte. Con i loro pro e contro erano persone meravigliose. Li ho seguiti per 13 anni assieme ad un signore del volontariato”.
Ancora Silvano Tisi: “La Rosina ha trascorso gli ultimi anni della sua vita presso la Casa di Riposo di Arco. L’Elido andava a trovarla spesso, però se la vedeva chiacchierare con qualche altro ospite diventava geloso e si arrabbiava”.
Molti gli aneddoti, ma in tutti è rimasta l’immagine dell’Elido che passa la notte sulla tomba della Rosina. E cosa c’è nel cuore di persone così solo Dio lo sa.
Vittorio Colombo