E lucean le stelle
Cari lettori, a partire da oggi ho pensato di farvi una sorpresa e di inserirvi nei miei racconti brevi: vi riconoscerete? Fatti e persone non saranno puramente casuali! Naturalmente per privacy mi prenderò la libertà di cambiare un pochino le carte in tavola…
Non cercatevi per nome, ma ritrovatevi per ciò che siete e cioè parte di questa nostra meravigliosa piccola comunità!
Roberta Nina Bianchin
Dicono che quando i cani abbaiano di notte, sia perché sta passandogli davanti la Morte. Pare che di questa cosa in paese tutti abbiano paura, e non capiscono che piuttosto dell'abbaio dei cani dovrebbero temere il silenzio. Vignole è una goccia che Dio ha buttato in mezzo alle meraviglie delle colline di Arco, un getto di tetti storti e case sfatte, un lavatoio abbandonato da cui ogni tanto si levano scritte sacrileghe contro la Madonna e la squadra nemica, qualche icona ancora ostinatamente adornata di fiori freschi da qualche devota nonnina della zona, un grappolo di gradini in pietra che portano a strade da cui nessuno esce più. Una galera, se vogliamo, per un ragazzo giovane e pieno di voglia di fare come Noa. "Ci vediamo." - aveva detto laconico agli amici del bar, una delle ultime sere di estate in cui ancora si poteva fumare in santa pace nel cortile sul retro senza morire coi geloni. Poi aveva preso la sua moto, era andato a prendere Katia e insieme si erano allontanati verso la Nago, il casco ben calato sulla testa, lei abbracciata alla sua schiena e lui con le mani strette al manubrio da far saltare fuori le vene. Si erano fermato là, dove il cuore si apre ad ogni abitante della zona, che stia in fondo alla valle – che stia in centro alla città. In una piccola piazzola sulla destra, poche panchine di legno e un panorama che levava il fiato ogni volta: il lago che lambiva la costa di uno dei punti più belli del Garda Trentino. Un minuscolo golfo a quell'ora illuminato da migliaia di puntini di luce riflessi sull'acqua. "Sembrano stelle..." - lei aveva sussurrato mentre lui aveva tirato fuori dalla tasca il cellulare per scattare l'ennesima foto. Una volta scattata, Noa l'aveva subito riguardata e poi cancellata con una smorfia. Non era possibile catturare la poesia di quel posto con una semplice fotografia, tanto valeva goderselo. Si erano seduti su una panchina, lui si era preparato una sigaretta e l'aveva fumata con lentezza – godendosi ogni boccata. Lei gli aveva accarezzato la testa. "Allora te ne vai davvero a Milano?" - gli aveva chiesto con un filo di voce. Lui le aveva preso il viso con le dita ancora piene di nicotina. "Ma ti sei guardata attorno?" - le aveva sorriso, pieno di malinconia. "Come faccio a lasciare un posto che ha due cieli, uno in aria e uno sull'acqua?" Lei aveva emesso un lungo sospiro. "Menomale... perché... non te lo volevo dire, ma guarda che diventi papà." All'improvviso Noa aveva capito che le stelle non erano riflesse sull'acqua, ma dentro di sé.