Con il “Vino Santo Torboli” Riva conquista il mondo
Il “Vino Santo Cantine Carlo Torboli” è la frizzante Riva dei decenni dal dopoguerra. Foto Biatel, anni Cinquanta. Nei giorni magici della Notte di Fiaba, stand al Brolio, si esagerava grazie a Fruttidoro e Mostra dei vini tipici. Lo stand del Carlo, per tutti “Tete”, era il clou. Il mondo che si beve il Vino Santo è un’astronave che fluttua tra le stelle in un azzurro che fa il paio quello del Garda. Parata di stelline con il Tete, tirato alla moda com’era suo costume, occhi vivi e baffi assassini, gran patriarca con a fianco la moglie Anna e, in batteria, vezzose donzelle le cui grazie stimolavano fiumi di libagioni. Lo stand era cantina a cielo aperto e sballo con orchestra umoristica. Il Bruno Salvadori, quello di “Grazie Stella” dei caroselli Negroni, mandava in visibilio la folla già ben carburata con il lancinante canto, in tutte le lingue “la pursèa l’ha fato i pursèi, i era grasi rosi e bèi”. Quelli eran giorni e niente era impossibile e il “Vinsant” era il nettare. Ne andavano pazzi i tedeschi e, soprattutto, le tedeschine. Per gli sgamati latin rivani lovers il ruffiano Vinsant era “l’apriti Sesamo”, che spalancava le porte, e non solo quelle del cuore. Il Tete aveva il suo alter ego nel funambolico Dannunzio Rezzaghi: al Rosengarten si facevano follie con “Miss Rosengarten Vino Santo Torboli”. Ma il Vinsant era sponsor di tornei di bocce, feste, gare ciclistiche, lotterie… come quella che nel ’62 portò la macchina ammiraglia delle cantine Torboli, con bottiglione sul tetto, in giro con i biglietti della lotteria della Benacense. Premio una seicento andata poi a Vittorio Delana. Il Tete, da presidente della Benacense, sede in via Lipella con gestore Aldo “Gran Bretagna” Gazzini, invece delle coppe, buone da soffitta, premiava gli atleti con confezioni del suo vino: allora non c’era l’antidoping. Poi come non ricordare l’asse “Riva da Bere” (copiata poi da Milano)? Storiche cantine Torboli in viale Vannetti e, a un tiro di damigiana, cantine Agraria viale Lutti. La nube da vendemmia era abitata da cultori impegnati a sniffare l’aria.
Insomma faceva miracoli il Vinsanto del Tete ancora oggi roba da Paradiso di dolci, cari, santi ricordi. Rievocati dagli echi dello sgangherato coro dei nostalgici “Santi Bevitori da Leggenda” sull’aria dello struggente inno nazionale di quegli anni sbronzati: “Vino, vinello, Torboli beviam”.
Vittorio Colombo