Da piccola ero una bambina problematica, si può dire? Mi piaceva, in sostanza, fare casino per poter poi avere la soddisfazione di sistemare le cose.
Un gioco all'ultimo secondo, un distruggersi da sé per poi far vedere di essere perfettamente in grado di risistemare tutto e - peraltro - rifacendolo meglio di prima.
Nonostante questa mia peculiarità sia nata quando avevo pochi anni, l'ho portata avanti per quaranta - fino a una manciata di mesi fa.
L'anno scorso, finestra affacciata sul mare, arietta fresca che solleticava i capelli, ho risposto ad una telefonata di lavoro e ho detto di sì.
Ho detto di sì ad una proposta lavorativa che non avrei mai accettato, che per tutta la vita avevo sempre schivato (nonostante avessi studiato proprio per farne un mestiere) e che sapevo mi avrebbe fatto sudare.
L'ho fatto perché - fedele al mio modus operandi - sapevo di potercela fare, di poter nuovamente fare della mia vita un casino e di sistemare tutto, sotto lo sguardo attonito e stupefatto di chi si sarebbe perso nel cerchio di fuoco dei problemi.
Come un leone ammaestrato, sono saltata dritta nel cerchio e mi sono trovata catapultata dall'altra parte.
Una parte in cui tutti erano felici del mio nuovo lavoro. Tutti, tranne me e un manipolo di colleghi corrosi da rancori di cui ancora ignoro l'origine ma di cui - fortunatamente - ho smesso di sentire l'odore dopo un anno esatto.
Pensavo di riuscire a sistemare il caos, invece questa volta ne sono stata inghiottita.
Ho perso molte notti a pensare a come uscirne, ho perso molti giorni della mia vita a recitare la parte di una persona che non ero io.
Ho perso molto tempo a far finta di essere felice, convinta che altri al mio posto lo sarebbero stati e ho persino maturato un bel senso di colpa ad ogni mio accenno di disagio.
Ho perso molto peso in poche settimane e ho guadagnato un bell'esaurimento nervoso.
Sindrome da stress post traumatico, per essere più chiari.
Se volete la quarantadue in poche settimane e senza sforzo, è la strada giusta - ma il pedaggio da pagare è molto alto.
Eppure sarebbe bastato non rispondere a quella telefonata.
Lasciare squillare il cellulare e ascoltare la voce interiore che avvisa sempre - ve lo assicuro - quando si sta per fare una stupidata.
Dopo un anno esatto sono tornata alla mia finestra sul mare. In questo anno ho lentamente recuperato le mie forze, la mia personalità, il gusto per la vita. Vedo di nuovo, per usare un'immagine evocativa ma molto affine alla realtà, i colori.
E ho imparato che a volte è anche giusto non mettersi alla prova.
A volte è sacrosanto ascoltarsi, farsi un favore, amarsi a prescindere da ciò che pensano gli altri.
Basta dire di no. Fatelo, prima che sia troppo tardi, altrimenti non è garantito che riusciate poi a chiudere il cerchio.
Datevi sempre una possibilità, la meritiamo tutti.