Cambiare l’acqua ai fiori

Rubrica26/03/20223min
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Da qualche anno dal rito nuziale è sparita la formula “io prendo te come mio sposo”, è stata sostituita da “io accolgo te come mio sposo” e nessuno sembra esserne turbato.
Io, invece, penso che una cosa da cambiare sarebbe stata quel “finché morte non ci separi”, perché dopo averti conosciuto mi è sempre sembrata una stupidaggine, Adelio, lo sai.
Ancora adesso, mentre mi trascino fino al cimitero per portare un pochino di acqua alle tue margherite, mi viene istintivo allungare la mano verso di te per prendere la tua e attraversare.
Solo che, da otto anni, dicono che tu non ci sia più.
Eppure io potrei giurare che quella formula per noi non ha senso. Non l’ha mai avuto.
Sei con me ogni momento, da quando mi sveglio a quando vado a dormire. Sei con me anche quando mi arrabbio davanti a Beautiful o quando faccio il pisolino la domenica pomeriggio e se non fosse che mi darebbero della pazza (cosa che oggi si fa con fin troppa facilità), potrei giurare di sentirti imprecare giù in officina, soprattutto verso le sei di sera, la nostra ora preferita.
Ti ricordi le sei di sera, Adelio? Erano le sei anche quando ci siamo sposati e mentre tutti ci gridavano “Viva gli sposi!” tu mi hai sussurrato all’orecchio cose che oggi non farebbero arrossire più nemmeno una suora, ma che allora ti erano costate un mio ceffone…
Gli invitati si erano fatti un sacco di risate…
Eravamo sposati da pochi minuti e già avevamo litigato…
Eri un personaggio, amore mio. Facevi ridere tutti, sempre pronto a far due ciacole con tutti, una faccia felice, rubiconda, buona.
Non volevi che ti chiamassi amore…
Eppure quando camminavamo mi tenevi forte la mano, anche se eravamo già vecchi.
Andavamo a ballare, uscivamo al Casinò, passeggiavamo in viale delle Palme e mi sentivo una signora.
“Perché non devo chiamarti amore?” – ti avevo chiesto una sera, a bruciapelo.
Tu avevi sorriso.
“Perché quelle son robe da fotoromanzo. Noi siamo veri, Maria, mi te voi bem anca massa. Ma no sta ciamàrme amore, ciàmame come te ciami l’àsen, e va benom!”
E così, ecco perché su questa lapide ho fatto incidere “Ohi!”: chi la legge ride, e tu se la gente ride sei contento. E così sai che é il mio modo per chiamarti amore.
Mi hai insegnato tu a non voler per forza cambiare le cose, a prendere tutto con gentilezza e lasciar correre.
Ma quella frase là, quel “finché la morte non ci separi” è davvero una cosa che cambierei, che ne dici?



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