Girava, tra i racconti di famiglia, quella di mamma e papà che – quando lei aveva sedici anni e lui diciannove – si separarono per l'estate perché lei accettò un lavoro come assistente alle colonie estive dei ragazzini dai sei anni in su.
Stanco di sentire la sua mancanza, un bel giorno papà prese e partì alla volta del mare – viaggiando di notte per arrivare da lei al mattino e sorprenderla con un bacio che sapeva di sigaretta, notte in bianco e promesse da mantenere.
Passarono insieme qualche ora soltanto, non immaginatevi grandi eventi, ma quella giornata entrò a pieno diritto nei nostri aneddoti da ricordare ogni tanto per sentirsi legati al tempo – che a volte scivola tra le mani e a volte è un macigno, ma che sempre è difficile catturare se non hai qualcosa a cui appoggiarti.
A questo fatto, ormai di memoria storica familiare, ho sempre collegato "Azzurro", brano di Celentano che è da sempre stato un caposaldo della nostra colonna sonora.
"Cerco l'estate tutto l'anno, e all'improvviso eccola qua... lei è partita per le spiagge, e sono solo quassù in città..." Se ci pensate sembra fatta apposta.
Lui, giovane e magro, pieno di casini e di poche parole, si accorge che all'improvviso la solitudine punge.
"E allora io quasi quasi prendo il treno e vengo, vengo da te..." Quanti pomeriggi azzurri ho passato ascoltando questa canzone e immaginandomi il viaggio di papà, la stanchezza per le ore di strada, il caldo dell'estate e lei – al mattino, che se lo trova davanti.
Un giorno, quasi quarant'anni dopo, mi sono trovata in un pomeriggio troppo azzurro – in una "Busa" splendida di estate e libertà – e proprio quando ero lì lì per pensare che non avevo più risorse, mi sono trovata davanti qualcuno che aveva preso il treno ed era arrivato da me.
È questo il bello della vita: le cose che ritornano, come le canzoni che – quando sono finite – se ne hai voglia è un attimo a "rimetterle su".
E in pochi istanti sei di nuovo su un treno.