1944, con l’aereo il pilota Luciolli si schiantò in centro a Riva del Garda

Vittorio Colombo14/02/20214min
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Il 6 febbraio del 1944 un aereo precipitò e andò a schiantarsi ai giardini Verdi di Riva del Garda. L’impatto, per la precisione, avvenne all’incrocio tra viale Dante e viale Martiri, proprio in mezzo alle strade. Ai comandi c’era un rivano, il tenente pilota Giuseppe Luciolli.
L’esplosione fu tremenda. Sconvolse, con boato e fiamme, il centro di Riva. Non c’è episodio cittadino, pur drammatico, che sia rimasto altrettanto vivo nei ricordi. Questa è la storia.
La famiglia Luciolli era, da secoli, parte della nobiltà rivana. Il palazzo nobiliare occupava l’attuale piazza delle Erbe. Venne distrutto dalle bombe della Grande Guerra, poi per un po’ lo spiazzo venne chiamato “Piazza Caserme”. La famiglia si trasferì in quella che fu per molto tempo “casa Luciolli”, da anni l'albergo Astoria in viale Trento. Giuseppe Luciolli padre, uno dei fondatori della Fraglia della Vela, sposò Anita Formenti, ceppo blasonato. Il 14 agosto del 1919 nacque Giuseppe, stesso nome del padre, e poi due sorelle.
Nel 1939 si arruolò nella Regia Aeronautica, corso “Urano”. Diventato tenente pilota, dopo l’8 settembre 1943 aderì alla A.N.R. della Repubblica Sociale Italiana. In servizio nel Gruppo Aviotrasportatori di Gorizia decollò, con ogni probabilità con un caccia,  da da Villafranca per raggiungere Linate.
Era, come si è ricordato, il 6 febbraio del 1944. Prima di decollare Giuseppe si era messo in contatto con i suoi cari. Durante il volo si concesse una deviazione su Riva per salutare dall’alto i genitori, la mamma, forse una fidanzata. Probabilmente una manovra errata lo fece entrare in stallo a bassa quota.
Mario Matteotti, allora ventenne, testimone del dramma, così racconta: “Abitavamo nel sottotetto del Comune dopo che la nostra famiglia era stata sfrattata dalla Rocca che aveva soffitti pericolanti perché bersagliati. Mentre salgo le scale del Comune sento il rombo di un aereo. Vado alla finestra e lo vedo venir su, radente, sopra il lago. Riesco a scorgere la carlinga, è un Caproni. Lo seguo con lo sguardo. È troppo basso sul lago, talmente basso che sfiora la Fraglia, poi con la coda i cipressi e gli allori del campo da tennis, poi sfiora la Pretura. È ormai appena pochi metri sopra lo stabile, poi Orvea ed oggi negozio. Non ha la forza di alzarsi. Scivola d’ala e va a schiantarsi nei giardini Verdi. Un boato terribile scuote la città. Corro, con un fiume di gente, ai giardini Vedo parti di aereo sparsi ovunque, il grosso motore che quasi tocca la casa. A 30 metri metri di distanza c’è il pezzo di carlinga con dentro il povero pilota, bruciato. C’è chi sorregge il padre della vittima svenuto.
Per giorni rimase un’enorme macchia nera per terra e l’elica metallica a tre pale appoggiata al muro. Le casa intorno erano state tutte colpite da parti dell’aereo. Ricordo tra i testimoni Dante Dassati e Claudio Odorizzi”.
I funerali di Giuseppe Luciolli furono imponenti. Tutta la cittadinanza vi partecipò per piangere, con la famiglia, il giovane pilota dal tragico destino.
Una nota a margine. Secondo alcuni il pilota non voleva limitarsi a salutare i genitori dall’alto; intendeva atterrare al campo di San Tomaso allestito dal Comando aereonautico tedesco che aveva sede a Malcesine. Ricordano, a tal proposito, che talvolta correvano ad assistere all’atterraggio di Storch F 156 (Cicogne in tedesco), qualche 109 da ricognizione ed aerei da trasporto. La pista di San Tomaso era in terra battuta e lunga 700 metri.
Vittorio Colombo

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