La sarabanda di Astra: carboni ardenti, maghi, fachiri e… Segantini reincarnato
Nel 1990 a Riva era scoppiata una pandemia di follia. Vi si tenevano, già da alcuni anni, i congressi di “Astra”, mensile allora molto esoterico. Sede il Palazzo dei Congressi. Una sarabanda infernale; maghi, streghe, zombi, fattucchiere e perfino politici. Fu Mino Damato, star tivù, che rese celebre la cosa. Camminò in diretta Rai e divenne di colpo Mino D’Amianto. Al Pala si allestirono tribune; gente stipata come allo stadio. Nel prato un sentiero di carboni ardenti. Sventurati formarono una corona mistica tenendosi per mano. Poi furono molti a prestarsi al fuoco pedestre. Bacinelle d’acqua con ghiaccio e seltz prima e dopo. Pediluvio. Concentrazione e preghiera. Via mulinando piedi dolci, piatti, prensili. Il miracolato saltellava come un tordo. Avanzando squittiva facendo gesti insani al cielo con le mani. Tutt’intorno urla orgiastiche. Quello di Riva passò alla storia come il “cammino ardente del ballo di S. Vito”.
C’erano tutti in quegli anni Astrali. Columbro, la Brigliadori con i boccoloni, la Omaggio gratis ecc. ecc. Ecco il fachiro indiano, sempre al Pala. Veste lunga e candida, stato di trance ebete, poi giù nel buco scavato nella terra. Sepolto vivo, tutto vero per la dea Kalì. Si sigilla e, dopo tre giorni, riemerge tra gli “uauhhh” della folla. Ma c’era chi parlava di una cannuccia per respirare e chi lo trovava ingrassato. Dal buco uscì anche una talpa ma non fu per niente applaudita. Un’altra star era Uri Geller, israeliano. Stupì piegando forchette con la forza della mente. Poi deperì. Negli alberghi dove entrava nascondevano le posate. Spezzò cuori il Divino Mago Otelma, sosia di Boldi. Girava con un candeliere e diceva di essere, a scelta dei fans, Dio, una sacerdotessa di Atlantide, una gallina faraona.
Visto l’andazzo il consiglio comunale di Riva approvò una mozione da titolo “Basta monàde”. Così Astra se lo prese Arco. Edizioni al Casinò. Memorabili quelle sulla reincarnazione. Arco sfoderò il campione locale, il famoso Mago Pano, reincarnazione, in pagliaccetto alla Mago Zurlì, dello sciupafemmine Casanova. Ma l’evento che fece impazzire d’orgoglio la città fu la megafesta ai giardini per celebrare il pittore Jossa, incarnazione di Segantini. Interviste, fotografi, gonfalone. Lui, barba artistica, con un braccio attorno alla statua di Segantini del Bistolfi, cantò “Fin che la barca va…”. Quelli dell’Amsa, i soliti materialisti, gli chiesero. “Dai, facci (?) un quadro”. E lui. “Un quadro? Cos’è? Ma Segantini non era un cantante?”.
Vittorio Colombo