Se nei ricordi non ti perdi, è perché ti ritrovi

Rubrica22/08/20205min
stranfora
Gli stringo la mano asciutta e nodosa mentre ad ogni passo la sento stringere un po' di più la mia: non si appoggia al bastone, si fa forza su di me e forse è anche per questo che fatico a tenergli il broncio.
"Nonno, è la terza volta che mi chiamano chiedendo di venirti a prendere perché ti sei perso in Stranfora. Non va bene."
Lui sorride sghembo, quasi inciampa (facendo di conseguenza inciampare anche me) poi si riprende.
"Eh, la Stranfora... Guarda che la Stranfora non esiste più. Questa è tutta un'altra cosa... una volta era tutto diverso..."
"Non direi. Arco non cambia mai, questi muri sono qui da più di cinquecento anni..."
"E allora sarà l'Alzheimer, che ti devo dire..."
Mi rendo conto che gli si è incrinata la voce.
Riparo velocemente.
"Ma che "Alzheimer", nonno... che dici? Forse hai ragione tu, a ben pensarci... Una volta, per esempio, qui mica c'era questo parrucchiere..."
"Parrucchiere? No, figurati. Non c'era proprio niente qui... o forse un tale che riparava le bombole del gas...ma ti parlo del quarantasei, o quarantasette... son passati tanti anni."
"Lo credo."
Lui sorride.
"Sai, io ricordo tutto. Ricordo sempre, ad ogni angolo della strada ricordo qualcosa. Ricordo persino i gatti che ho incrociato qui quando ero bambino."
"Ecco, vedi? Poi mi parli di Alzheimer. Però la questione resta: non mi sento sicura a lasciarti uscire da solo se poi va a finire che ti perdi tra i tuoi ricordi."
"Ammetto che tra ciò che ricordo e ciò che c'è ora c'è sicuramente una bella differenza... Qui, per esempio, in piazza... che cosa c'è adesso?"
"E' un negozio di calzini e accessori per ragazzi."
"E tu pensa che io mi ricordavo ci fosse un tabaccaio... e ora la gente dove va a comprarsi il tabacco?"
"Da un altro tabaccaio, nonno. I negozi cambiano, alcuni chiudono e altri aprono. Molti si spostano, insomma... è l'economia della città."
"Bella roba. Così se voglio comprarmi del tabacco resto senza."
"Hai smesso di fumare dopo la nascita di papà, non ricordi?"
Lui tossisce, forse è imbarazzato.
"E' vero. Beh, ma se uno smette non è mica che poi un giorno non può ricominciare, giusto? Niente è per sempre..."
Entro in gelateria e gli compro una granita alla menta.
"Tieni, fa caldo. Rinfrescati un po'."
"Grazie... al tamarindo non la fanno più... non è più di moda, il tamarindo. Scommetto che se chiedi a quei ragazzotti laggiù non sanno nemmeno che sapore ha."
I "ragazzotti" ci squadrano e ridacchiano di questa donna con la divisa da cuoca e il grembiule sporco di farina che tiene a braccetto un anziano in pigiama,ma ormai rido- non riesco proprio a restare arrabbiata.
"Non penso neanche io, nonno. Vuoi spiegarglielo tu?"
Lui mi stringe la mano con dolcezza, non per bisogno ma per sentimento.
"Magari la prossima volta, cara. Oggi ho il bastone freddo."
Facciamo qualche altro passo verso casa, la luce del sole che tramonta sulla sera di tarda estate ci anticipa il cammino.
"E qui, una volta c'era una farmacia... oggi cosa c'è?"
"Un negozio di maglieria, nonno. Molto carino."
"Ah. E qui, invece, cosa c'è - che una volta vendevano le scarpe?"
"Non ha ancora riaperto niente, chissà cosa arriverà..."
Lui fa quasi un grugnito.
"Chissà... E qui, una volta qui c'era una trattoria..."
"C'è ancora, nonno. L'hanno riaperta."
Guarda l'insegna, poi mi guarda.
Non chiedetemi come l'abbia capito, ha novant'anni e l'Alzheimer e a stento ricorda il suo nome.
"Allora va tutto bene. Andiamo a casa."

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