Quando andavi ai “festini” con il tuo 45 giri
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I quarantacinque giri ormai, da qualche bel decennio, sono un oggetto misterioso. E dire che negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso hanno accompagnato le stagioni di chi allora era giovanotto, o ragazzotta di belle speranze. Perché ne parliamo oggi? La tempesta mediatica scatenata dal Festival di Sanremo ci ha riportato indietro nel tempo. Ci sono sempre l’Ariston, i cantanti più o meno strani, i gossip, i fiori, l’orchestra. C’è quasi tutto, o quasi. In cantina ho trovato, miracolo, una cassa di 45 giri. Un tesoro finito, purtroppo, fuori corso. Ma quei dischi hanno fatto la gioia di intere generazioni. Andavi dal “Michelini” e chiedevi: “È arrivato il 45 dei Beatles? e quello dei Rolling Stones?”, perché anche loro ci sono passati, per i 45 giri. Ai “festini” consegnavi il 45 nuovo di zecca, una vera chicca, recensito da “Giovani“ o “Ciao 2001”. Lo allungavi alla addetta al cambio dei dischi. Era l’angelo del giradischi e, chissà perché, non se la filava nessuno. Si abbassavano le luci, qualche volta si spegnevano. Le note languide di “Michelle”, “Girl” o persino di “Senza luce” dei Dik Dik scioglievano i cuori. E non solo quelli. Il ballo lento, definito “strappamutande”, ti faceva consumare la mattonella e ti dava i crampi allo stomaco. Sono meravigliosi, e magari girano ancora, quei dischi, pur a tanti anni di distanza. Le copertine sono in condizioni che gridano vendetta. Sono state strapazzate perché usate con tanto amore. Strappi, righe, baffi alle cantanti e nomi scritti a penna, spesso con cuoricini, tipo “Rosaria”, “Giuseppe”, “Michela”. Talvolta ci sono anche i cognomi, o le dediche: “Pensiamoci ogni sera al tramontar del sole”. Allora si usava così. Sfili il disco e il vinile “piccolo” è nero seppia, bello tondo come una pagnotta. Magari è un po’ ondulato, magari qualche rigone attraversa i solchi. Ecco la faccia da ragazzino di Gianni Morandi con “In ginocchio da te”, Celentano il molleggiato ne “Il ragazzo della via Gluck”, la Mina di “Tintarella di Luna”. Ecco le facce bambine di Fausto Leali, Al Bano, Carmen Villani. Irrompono i complessi: “I Corvi” con “Sono un ragazzo di strada”, l’“Equipe 84” e i loro rivali, i “Rokes”. In quei Sanremo lontani succedeva qualcosa che rinsaldava un “sentire comune”. Già dal giorno dopo il Festival si scatenava, infatti, la sagra dei 45 giri. Vendite a valanga. Il caro oggetto riempiva di allegria case, stanze e stanzette, perfino i bagni. Gli adolescenti diventavano adulti e i 45 giri scandivano amori, matrimoni e nascite. È stato così per decenni, poi si sono persi nelle pieghe del tempo, anche se molti sussurrano ancora “La senti… è la nostra canzone?”. Per il 45 giri è poi arrivato il tracollo e… la morte. Negli anni Novanta sono esplosi i CD, ora pure moribondi, poi le diavolerie tecnologiche con le quali ti porti in tasca l’equivalente di mille vinili. Ma c’è stato un tempo nel quale Patty Pravo affidava il suo “Tu mi fai girar, come fossi una bambola” ai solchi di un 45 giri. Sentivi la musica e quella voce, allora sensuale perché giovane. Ammiravi la ragazza del Piper che, splendida sulla copertina quadrata dell’oggetto dei tuoi desideri, ti prometteva con Gianni Morandi “Un mondo d’amore”.
Vittorio Colombo