L’uccellaccio che viveva nel cucù del Bacóm
Eravamo andati, mia moglie Claudia ed io, a San Giovanni al Monte di Arco, ospiti di Elio “Bacóm” Santoni e della moglie Carla. L’invito a pranzo, nella bella casetta nel bosco, aveva uno scopo: dovevamo parlare di un possibile libro sulla storia dei “Bacóni”. Per la stirpe dei Santoni la denominazione deriva dal fatto che un tempo erano tra i più rinomati allevatori di bachi da seta. Ci sediamo a tavola nella bella cucina, tanto legno. Io e Claudia da una parte, l’Elio di fronte con la Carla che si dà da fare con mestoli, padelle e diavolerie varie. Ben presto è tutto un effluvio di odori da cucina ritrovata, quella dei nonni, eccetera. La tavola si riempie di ogni ben di Dio: polenta, funghi, salsicce, gulasch, ancora eccetera. Un tappeto di leccornie. Non c’è un centimetro libero. Tutto ciò mi commuove. Alzo coltello e forchetta e sento un rantolo strano, un gracidare o scatarrare o che diavolo ne so io. Il Bacóm dice: “Ah! è lui”. “Lui?” gli dico io. Il Bacóm mi indica un punto in alto, alle mie spalle. Mi giro e guardo in su. Proprio sopra la mia testa, appesa a uno, due metri di altezza al muro, c’è una bella casetta, stile tirolese che, nella parte inferiore, va a finire in un orologio a cucù. Prodigio. Nel buco, sul tetto della casetta, ci sono due occhi, un po’ strabici, ma espressivi, e un becco di quelli a punta che beccano. “Ah! Ah! – se la ride il buon Bacóm – È un uccello che diversi giorni fa è entrato dal buco”. Che problemi ci sono? Il padrone di casa dice: “Si vede che lì dentro ci sta bene. Ogni tanto gli diamo da mangiare, foglie, bacche, semi. È uno di casa ormai”.
Tutto di colpo una deflagrazione terribile. Una bomba ha colpito la casa? No, è esplosa la casetta dell’orologio a cucù. A mezz’aria un’apparizione allucinante. Una sorta di Batman. Un uccellaccio voluminoso, un ghigno da killer, un pancione e due ali sbatacchianti l’aria come il nero mantello dell’uomo pipistrello. L’uccellaccio piomba come una bomba al fulmicotone sulla tavola. Mentre noi balziamo in aria, all’indietro dallo spavento, il coso devastante corre indiavolato sui piatti, menando colpi d’ala a destra e a manca, starnazzando. La polenta schizza in alto. Le salsicce paiono missili, i crauti si spiaccicano sulle pareti. Il gulasch ci segna i volti come indiani in tempo di guerra. Urla, strepiti, un casino. L’uccellaccio arranca sulla finestra aperta, gira la testa e scatarra per insultarci e scompare. Che cos’è? Dove va? Tutti e quattro balziamo fuori dalla porta. Ecco la scena che ci si presenta: la bestia nera è pesante e non si è mai cimentata in voli di addestramento. Ballonzola da una parte all’altra, fa girare le zampette e, presa la rincorsa, si dà delle spinte. Cerca di decollare sbatacchiando le ali come un matto. Due metri in volo, poi piomba a terra. Riprende a correre e ri-decolla. Due metri e poi ricade sulla pancia. Va avanti così, con andamento rimbalzante, per una cinquantina di metri. Poi c’è un improvviso declivio e la bestiaccia si butta in aria. La vediamo freneticamente sbattere le ali, ma perde quota e finisce nel boschetto che c’è di sotto. Aspettiamo che riemerga… ma pace all’anima sua… oppure ce l’ha fatta. Che era ‘sto fenomeno? Boh! Era riuscito ad entrare nel buco della casetta che era infante, poi era stato pasturato mettendo su chili e spessori vari e non era più riuscito ad uscire. Dopo la prigionia indotta aveva scelto il momento giusto per esplodere. Povera bestia! ma troppo pigra e ingorda! Che fine avrà fatto? Forse l’Elio Bacóm ha qualche notizia fresca.
Vittorio Colombo