Dilaniato da una bomba o in Sudamerica? Mistero sulla spia rivana delle SS

Vittorio Colombo19/11/20234min
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Morto dilaniato da una bomba o fuggito in Patagonia dove ha vissuto il resto della sua vita, impunito e sotto falso nome? Una risposta certa non è mai stata data ed entrambe le ipotesi sono inquietanti capitoli aperti. C’è dunque un mistero sulla fine di Fiore Lutterotti, l’uomo di Riva che operò nel 1944 e 1945 come spia dei Nazisti. Il suo odioso ruolo di delatore è consegnato alla storia: ci sono le testimonianze di personaggi impegnati nella Resistenza, come i fratelli Giorgio e Valerio Tosi, Renato Ballardini, Luciano Baroni, Dante Dassatti, e i fatti sono riportanti in libri di storia.
A Riva Gastone Franchetti fondò le “Fiamme Verdi”, gruppo di Resistenza di ispirazione cattolica che operava a fianco della Brigata Garibaldi di ispirazione comunista, guidata da Dante Dassatti, il “comandante Dario”. “Nei primi giorni di maggio del 1944 – secondo le testimonianze – s’infiltrò nell’organizzazione tale Fiore Lutterotti, detto “Panza”. Catturato l’8 settembre del ‘43, era stato deportato in un lager nazista, da dove era uscito accettando di mettersi al servizio delle SS. Quando giunse a Riva in licenza, fu avvicinato dal capo dei Fascisti rivani, che lo convinse a prendere contatto col suo amico Gastone, il quale – gli fu detto – stava organizzando la resistenza armata. Gastone negò tutto, ma nei giorni successivi lo spione continuò ad accompagnarlo e così, in poco più di un mese, conobbe tutti i membri dell’organizzazione. Il 28 giugno 1944 reparti delle SS piombarono a Riva, Arco, Rovereto e Trento e compirono una strage. Purtroppo nemmeno la prudenza di Dassatti era valsa a scongiurare l’infiltrarsi della spia. Già nell’aprile del ’44 il Lutterotti aveva assicurato al Dassatti di essersi arruolato nelle SS per salvarsi la vita, ma di essere un amico dei “ribelli”, capace – con la sua tessera delle “teste di morto” – di farli passare dappertutto, anche armati. Dassatti lo aveva tenuto lontano, ma non così, purtroppo, il Franchetti”. Negli ultimi mesi prima della fine della Guerra Lutterotti fu al comando delle SS di Strigno, quindi militò nella Repubblica di Salò che capitolò nell’aprile del 1945. Lo storico Mimmo Franzinelli nel suo libro “Delatori” ipotizza che il Lutterotti sia finito dilaniato da una bomba che gli era scoppiata in mano. Dassatti ne aveva avuto notizia e si era recato a Salò per visionare il corpo, ma il viso del presunto Lutterotti era sfigurato dagli effetti della bomba. Dassatti non fu perciò in grado di dire una parola decisiva sul fatto che il corpo fosse, o meno, quello della spia ricercata. Ben si sapeva, già da allora, che un gran numero di Nazisti e Fascisti si erano dati per morti, ma erano invece espatriati in Paesi del Sud America. Nella Patagonia occidentale si trova un villaggio tipicamente bavarese e che di ispanico ha solo il nome: San Carlos de Bariloche, un posto da sempre ottimale per chiunque voglia nascondersi e ricominciare un’altra vita (tra questi il capitano delle SS Erik Priebke, responsabile del massacro delle Fosse Ardeatine). Alcuni ricercatori, tra questi il trentino Renzo Fracalossi, ipotizzano che proprio in quel luogo abbia trovato rifugio lo stesso Lutterotti. Forse, simulata la morte, era scappato in Patagonia, sottraendosi alla giustizia. Il mistero sulla sorte dell’uomo più vituperato della storia rivana e trentina sembra purtroppo destinato a rimanere tale.

 



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