I turisti “sportivi” di Riva: pane, salame e fiaschi di vino

Vittorio Colombo29/10/20234min
turistsportole - Copia

I Rivani li chiamavano “gli sportivi”, perché allora i gitanti popolari scendevano dalle corriere o dai pullman con la “sportoletta” in mano. Turismo rivano dei primi anni Cinquanta del secolo scorso. Erano lontani oltre mezzo secolo i tempi dei turisti ricchi che venivano dal nord negli aristocratici tempi del Kurort. In mezzo c’erano state due guerre e la parentesi autarchica del Fascismo. Memori dei fasti dei loro nonni, alcuni Rivani nei primi anni ’50 scommisero sul turismo. E vinsero. Riva era città mitica. Le nebbie padane erano il retaggio degli anni bui e, quando cominciarono ad arrivare schiere di antiquati pullman, Riva risplendeva di sole e bellezze. Arrivavano dalla Gardesana Occidentale e presero ad affollare piazza Catena. Si aprivano le portiere e scendeva a frotte buona gente alla Alberto Sordi in gita con moglie rotonda. Si guardavano intorno e “ohhh!”… il Paradiso terrestre. La Torre Apponale, gli alberghi, i battelli panciuti mai visti prima, i limoni e i gelati.
I Rivani li chiamavano “gli sportivi” storpiando quello che era il loro simbolo, “la spòrtola”, la borsa nella quale avevano stipato filoni di pane e salumi, formaggio e fiaschi di vino. Sciamavano, storditi dal sole e da tanta bellezza, per le vie cittadine e il lungolago. A mezzogiorno sedevano sulle panchine sotto gli alberoni del Brolio o sui parapetti. Si levavano le scarpe e mettevano i piedi nel lago. Aperte le “spòrtole” e imbandita la panchina, l’arietta frizzante del lago si riempiva di effluvi da porchetta e cetrioli e il vino era un antidoto a quel mare d’acqua che ripuliva i calzini. Erano gite aziendali, i nonni del ragionier Fantozzi e di Filini, o gite degli oratori e delle parrocchie con tanti don Camillo con la tonaca che strusciava a terra. Dopo i brindisi intonavano “Siam peccatori, ma figli tuoi”. Lanciavano urla di meraviglia quando l’Italo Torboli con la sua star “Mimma”, venendo come un turbine dal lago, virava di colpo sfiorando i piedi a mollo.
“Sportivi” erano anche i turisti che arrivavano dalla Gardesana Orientale. Parcheggiavano i pullman a porto S. Nicolò e in fitta schiera, con “spòrtole e prosacchi”, percorrevano viale Rovereto. Sul ponte dell’Albola imperversava il Dannunzio Rezzaghi che, venuto dal Mantovano per far fortuna, sventolava un tovagliolo bianco e brancava i caporioni del gregge e il don Camillo di turno. Li strattonava cercando di tirarli dentro. Dal Rosengarten veniva un irresistibile profumo di pasta e di gnocchi. Ma per un po’ erano sforzi vani. Quelli si divincolavano e dicevano: “Grazie, signor Lù, ma mangiamo al sacco che è meglio”. Meglio per il portafoglio, ovviamente. Ma, rotto il ghiaccio, la miseria andò in disuso e il Dannunzio, e quelli come lui che catturavano i turisti, dimostrarono che anche gli “sportivi”, abbandonate le “spòrtole”, avevano un’anima godereccia. La pergola, gli spaghetti fumanti e il Pero Righi con la sua orchestra, tra balli e cori ad alta gradazione alcoolica, disegnavano le beatitudini del paradiso della Dolce Riva.
Vittorio Colombo

 



La Busa Vorremmo mostrarti le notifiche per restare aggiornato sulle ultime notizie.
Rifiuta
Consenti notifiche