Quando il cuore di bambino prendeva lucciole per lanterne

Vittorio Colombo24/09/20234min
lucciole.estate

Pensieri in libertà: noi bambini anni Cinquanta, Sessanta e un po’ Settanta.
Cielo pieno di stelle. La campagna, nella notte, silenziosa è tutto un pulsare di luci. Sono le Fate Lucciole. Entri in quel mondo incantato, prendi le lucciole con una carezza. Le metti nel bicchiere. Lo rovesci e ti siedi sull’erba e stai lì incantato. È un caleidoscopio magico, quando prendi le lucciole per lanterne.
Sedersi sul monte “Brióm” e fantasticare: come sarà la Busa tra mezzo secolo? Il dilemma: riuscirò mai ad arrivare a vedere l’anno Duemila? Di sicuro le automobili saranno volanti. La Busa è tanta campagna. Sentire il boato sordo degli spettatori del campo benacense. Vele bianche, fazzoletti sul lago. Azzurro sopra e sotto.
Rubare ciliegie e non farsi prendere dal contadino, neanche dal suo cane che è una bestia.
Arrampicarsi sugli alberi per prendere “nèspoi”, “peràtole”, mele, albicocche, prugne, anche alla ricerca di “stupacùi” e di more selvatiche.
Correre a piedi nudi sull’erba, a piedi nudi sui sassi “a pónta”. Un male boia e dire: “Non sento niente”.
Saltare il fosso, fare il bagno nell’acqua melmosa del fosso. Bere e sputare fontane di schifezze. Uscire pieno di sanguisughe. Le stacchi una ad una, dal petto, dalle gambe, dalle braccia e da dentro le mutande.
Cadere nella “busa de la grassa”, cioè del letame. E ridere per non piangere.
Cadere con la bici e finire con la faccia in una “boazza”.
La bici “s’centràa” è sempre bucata. La camera d’aria nella bacinella fa le bollicine. Il mastice e la “pezzòta”. Il mastice, se lo mangi, sa di liquirizia.
La carta da gioco messa nei raggi della ruota. Pedali e fa il rumore della moto. Il massimo: la Vespa a due sedili.
Le angurie galleggiano nel fontanone in piazza.
La gazzosa con pallina. Il chinotto con quattro cannucce. La “Coppa del nonno”. Il ghiacciolo al limone. “C’è un Algida laggiù che mi fa gola”.
I soldi, venti lire di paghetta. La nonna ti passa qualche soldo sotto banco. Al negozio con le cicche ti danno l’indianino con l’arco.
Porto San Nicolò, tuffi “a bomba”, “all’anzolìm”, “carpiato”. Nuotare a crowl, a rana, a “lancia” ed anche a “cagnòt”.
Andar a vedere le Tedesche in due pezzi (tagliate a metà?).
In bici con il copertone da camion a tracolla.
Le mutande da bagno di lana bagnate pesano un quintale e si vede tutto.
Fare il bagno o al porto vicino alla “vaca nonesa del Noè” o al Murialdo con quelli dell’Oratorio di Riva. Tutti in acqua a prendere le caramelle lanciate dagli assistenti.
Prendere il sole davanti alla Madonnina. Sul pontile di legno la schiena scotta. Guardi tra le “sfrése”: l’acqua gioca con i pesci e con le alghe.
Attraversare a nuoto la Sarca. Attenzione! ci sono i “mulinèi” che ti tirano sotto.
Immersione dalle “roccette” dietro il porto. I bastoncini di balistite ripescati bruciano come fuochi d’artificio. Il carburo bianco nel barattolo con foro. Barattolo nella buca, fuoco ed esplosione. Sassaiole contro i ragazzi “nemici” di San Giorgio; quelli della Filanda e della Grotta stanno con Sant’Alessandro. Scontri nelle campagne del Grez.
Spiaccicare zanzare centrate con ciabatte. Disegni astratti sul muro.
Caldo. Caldo e la pelle scotta come il tuo cuore bambino. Ricordi? Quella noi la chiamavamo “L’estate delle Lucciole”.
Vittorio Colombo

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