Ferragosto 1966: terribile tornado, morti e case scoperchiate

Vittorio Colombo13/08/20234min
alberi.tombe tornado riva

Ferragosto 1966. È un lunedì. Una tromba d’aria, un impressionante tornado, sconvolge il lago di Garda. Succede tutto in un’ora, dalle 19 alle 20. È un inferno, come non si era mai visto. Morti nel basso lago, feriti a Riva e a Torbole, dovunque case scoperchiate, tetti spazzati via, muri crollati, alberi sradicati, macchine distrutte. In uno scenario apocalittico i turisti fuggono dai camping devastati dalla furia del tornado e i soccorritori li radunano nelle aule delle scuole. Distruzioni da Molina di Ledro a Riva, da Limone a Tenno, da Arco a Nago-Torbole. Una dozzina i feriti, soprattutto turisti del camping Bavaria, ricoverati all’ospedale. Poi, qualche ora dopo il disastro, comincia una pioggia battente che dura tre giorni rendendo difficile l’opera dei soccorritori. La tempesta fa precipitare le temperature. Disperazione di numerosi cittadini che, nella notte, si sono trovati in case senza più il tetto, o una parte di esso, con la necessità di cercare di coprire gli squarci con dei teli. In molte zone la luce è mancata per diversi giorni. I fili elettrici sono stati spezzati o abbattuti dalle piante sradicate. In diverse abitazioni l’acqua, mancando il tetto, invade anche i piani inferiori. Succede, ad esempio, a tre fabbricati occupati da famiglie di operai dell’Istituto Case Popolari di via Pola, poi coperti dai Vigili del Fuoco con teloni. Così la casa di Giuseppe Biasi in via dei Mille, sempre al Rione Degasperi, la casa di Giuseppe Tedeschi in via Brione, quella di Giovanni Morghen in viale Trento, quella di Franco Betta al Brione, quella di Manlio Bassi a San Tomaso, quella dell’Ente Case Popolari in via Pascoli, il nuovo condominio in via Grez, una casa del dottor de Lutti a Sant’ Alessandro, un paio ancora in via Isonzo e via Diaz. Non c’è stata casa che sia stata risparmiata e tegole e travi, assieme agli alberi abbattuti, offrono uno spettacolo desolante. Distrutto il chiosco di Gina Vivori all’inizio del porto industriale, molti i natanti affondati o danneggiati. Danni ingenti per l’agricoltura, distrutto il raccolto di mele e in generale di frutta, devastati vigneti ed oliveti. I contadini affrontano i disagi derivanti da case e stalle lesionate. Molti telefoni fuori uso. Un Milanese a Tenno è stroncato da un infarto mentre viene soccorso. A Limone, all’altezza del Roxi, si rovescia una barca: annega una Bresciana di 34 anni, mentre si salva il marito. A Toscolano Maderno due coniugi di Cremona annegano in seguito al rovesciamento della loro barca. Già dal giorno successivo all’evento inizia l’esodo dei turisti; sotto la pioggia le vetture procedono a passo d’uomo in un bailamme incredibile. Una buona percentuale delle auto reca bozze sulle carrozzerie. Si apre la galleria Adige-Garda con sbocco a Torbole.
Io che rievoco quel Ferragosto, il più brutto della nostra storia, ho ancora negli occhi l’inferno di distruzione di quell’ora terribile, le piante che cadono come birilli e nell’aria un surreale volo di tegole. Poi, finita la bufera, lo sguardo è andato ai tetti: le case di San’ Alessandro, dove vivevo, si presentavano squarciati, alcuni in modo pauroso. Sicuramente molti (di una certa età) ricorderanno lo scenario da dopo bomba scatenato proprio il giorno di Ferragosto dalla devastante tromba d’aria venuta dal lago.
Vittorio Colombo

(nella foto di Biatel alberi caduti sulle tombe al vecchio cimitero)

 

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