Il dono
Hai respirato a lungo, poi hai allungato le mani e l'hai fatto. Il cuore un treno che accelera in curva, ti sono andati i capelli sugli occhi e sono rimasti attaccati alle lacrime, li hai scostati con l'unica mano libera e l'hai fatto. Hai fatto la cosa più giusta, la cosa più difficile, la cosa più dura. Gli hai salvato la vita condannandoti a morte. Perché una mamma che abbandona suo figlio muore, quello è - non giriamoci attorno. Hai voglia a dire che l'hai deposto nella Culla per la Vita del Policlinico di Milano... Tutti diranno comunque che l'hai abbandonato e quindi, niente giochetti e andiamo dritti al punto: l'hai fatto. Hai annusato il suo profumo cercando di impararlo a memoria (trascurando il fatto che non è averlo lasciato lì che non te lo farà dimenticare mai, quanto l'averlo semplicemente messo al mondo: il suo odore lo conosci da quando hai saputo della sua esistenza), l'hai cullato forte stringendolo al seno, hai sentito una fitta di dolore e poi - come un colpo secco, uno strappo che lacera a fondo, un crepaccio, un orrido - hai posato il suo cestino all'interno di quel nido caldo, protetto, sicuro. Hai fatto due passi indietro, hai ricacciato un singhiozzo - forse qualcuno nel frattempo ti aspettava poco lontano, in macchina - e ti sei voltata girandogli le spalle. Uno sparo, il silenzio. Il tuo cuore, il suo cuore, il nulla. Molti diranno cosa gli hai tolto, in realtà tu con questo gesto gli hai dato tutto. Vorrei abbracciarti forte, dirti che il piccolo Enea ce la farà - sarà amato, felice, sicuro, protetto. Ma tu già lo sai, non è necessario dirti che hai fatto una cosa grande. Lo amerai per sempre e lui, una volta grande, ti amerà per questo gesto: gli avrai dato la vita due volte. Però tu questo ancora non lo sai, ed è per quello che piangi. È materiale ben difficile da maneggiare, l'amore.