Il primo giorno di lavoro al centro diurno è cominciato così : ho chiuso il mio turno, sono uscita e ho pianto. La mia presenza al centro sarebbe stata a tempo determinato. La loro presenza lì, invece, è a tempo indeterminato e questo all'inizio mi ha investito di dolore.
Ho singhiozzato starnazzando come un'anatra perché mi era venuto addosso tutto il dolore di chi stava lì dentro. La fragilità, la difficoltà, la disabilità.
Un terrificante mix di situazioni alienanti in cui è stato impossibile evitare di immedesimarsi.
"Dopo un po' ci fai l'abitudine, vedrai" - mi hanno detto molti.
Beh, posso confermare che l'abitudine al dolore non se la fa nessuno: è, piuttosto, che ci cresce una specie di corazza in grado di proteggerci perché lì - al centro - dobbiamo proteggere gli altri, e non c'è spazio per frignare.
Ho trascorso qualche mese scoprendo che l'ironia, la simpatia, la capacità di mettersi in gioco e una buona dose di paraculaggine non sono prerogative di nessuno : siamo tutti diversi e, proprio per questo, tutti uguali.
Non dimenticherò mai la timidezza di Mimmuzzo, dall'autostima ancora peggiore della mia, e le sue canne da pesca magiche - come del resto ogni giorno mi sveglio guardando il meraviglioso quadro donatomi da Maddalena, che non riesce a sentire né di conseguenza a parlare ma che col colore racconta storie fantastiche meglio di chiunque altro.
Avrei parlato con Loris per ore ed ore, chiacchierare con lui ha i toni dell'oracolo: dal nulla può tirare fuori frasi che, nel giusto contesto, hanno pura e autentica saggezza. E forse è proprio questa la prerogativa di chi frequenta il centro diurno: una saggezza interna talmente forte da contagiare chiunque venga a contatto con loro, talmente grande da rimanerti addosso come una coperta.
Non te la riesci a levare nemmeno dopo settimane, e quando ti accorgi che ogni cosa che vedi la guardi sempre di più come la guarderebbero loro - i ragazzi - è il momento in cui le cose prendono la piega giusta, il momento in cui hai capito che eri entrata là dentro per aiutare e ne sei uscita aiutata, migliorata, sollevata, cambiata. Una persona completa delle due parti che ognuno di noi dovrebbe avere: saggezza e follìa, gli unici due ingredienti che mescolati a dovere possono garantirti una vita meravigliosa.
L'ultimo giorno di lavoro sono uscita dal centro diurno e ho pianto, in silenzio e senza urlare. Con compostezza, ho pianto tutto il dolore che avevo e, questa volta, mi sono resa conto che ho pianto per me.