TV-AZ, va in onda l’asta di quadri e… croste
C’era l’asta di quadri. Così ogni sabato sera ci si riuniva in casa di un amico per vedere TV-AZ.
Era un rito perché era meraviglia allo stato puro, quella trasmissione.
Il Vito Atzori, titolare, conduttore, tutto insomma della sua emittente, faceva il battitore. Cioè mostrava in video i quadri e via, arrivavano le telefonate. Prezzo base o anche no, e rilanci vari. Tutto rigorosamente in diretta.
Qualche quadro era anche buono, va beh, erano rari. C’erano i quadri di Berger, Vitali e compagnia bella.
La maggior parte erano delle croste che non vi dico. Non mancava mai il Teomondo Scrofalo, il quadro con il simpatico vecchietto, ben rosso avvinanzzato con cappello e bicchiere, che andava a ruba anche nelle fiere. Ma qualcuno ha fatto un buon affare ed oggi ha, appeso in salotto, un piacevole “Tivù-a-zeta”, magari opera giovanile di un qualche noto imbianchino.
L’asta era bella perché era varia. Si alternavano telefonate di veri intenditori ad altre che rilanciavano offrendo il primo cent di Paperon de Paperoni o un milione di dollari. Il professionale Vito alzava la cornetta e la telefonata arrivava in diretta. Pari pari.
“Ehi, ma quello è il mio quadro, l’avevo buttato in discarica alla Maza…”.
Tutti i sabati c’era un intenditore d’arte che sparava, voce a mille che dovevi abbassare il volume: “Vito, ma va in mona!”. E il Vito rassicurava i telespettatori “Mi spiace, questo quadro è già andato”.
Quel tal nostro amico, ogni sabato, telefonava. “Che offerta fa per questo prestigioso quadro?” chiedeva il Vito alzando la crosta. E il nostro amico, di rimando: “A me interessa quel portacene tondo, dell’Aperol, che c’è sul tavolo”. Il Vito neanche una piega. Poneva a terra il quadro, si girava e preso l’oggetto, lo esibiva in primo piano. A tutto schermo. E diceva, “Questo?”. Altri si aggiudicavano in questo modo dei vasi finto cinesi, peluches e altre cose, tipo sedie e tappeti, che abbellivano lo studio.
Visto che il mercato tirava il conduttore prese a dedicare, oltre alle serate delle aste di quadri, una sezione d’arte varia. Televendite a mille, una valanga: pentole, materassi, mutande, soffitte saccheggiate. Senza limiti. C’è così chi sostiene di essersi aggiudicato la Porsche con la quale il Vito girava per Riva, a bassa velocità davanti al bar Maroni. Porsche poi rifiutata. Alzato il cofano, era apparso il motore di un maggiolino.
Beh, credo proprio che quella fosse una ispirata tivù commerciale, del resto poi copiata da Berlusconi. Quel tal nostro amico, per tornare a noi, era fuori controllo. Tutto preso com’era da una incontrollabile febbre da affare. Così una sera, il Vito, alzò la cornetta in diretta, e tutti sentirono. “Il quadro? Ma no, a me interessa un carburatore d’auto”. Momento di imbarazzo, ma durò un attimo. Poi il Vito scomparve dallo schermo. Per alcuni bei minuti inquadratura fissa dello studio, con i quadri da esposizione in bella attesa.
Di colpo il video si rianimò. Con il Vito che, raggiante, esibiva un bel carburatore: “Qual è l’offerta?“ disse felice.
La storia meritava. E nei giorni successivi se ne parlò, con calore ed affetto, in tutti i bar, ed anche nelle trattorie della zona. Era successo un miracolo? Macché, anche se telespettatori molto devoti erano propensi a crederlo. L’ipotesi più probabile era che il Vito quella sera, a trasmissione finita, aveva lasciato gli studi di via Varoncello e se n’era andato a casa a piedi. Non era riuscito a rimontare il carburatore. E la sua macchina di ripartire non ne aveva proprio voluto sapere.
Vittorio Colombo