Pasolli il pescatore: quando c’erano più pesci nel Garda che… santi in paradiso

Vittorio Colombo22/08/20215min
99.frana pasolli, biancardi

Quando il Franco Pasolli di Riva alzò i remi della vita era l’anno 2003. Se ne andò allora a pescare nel lago della eterna tranquillità. Proprio lui che era stato l’ultimo pescatore rivano dei bei tempi andati. Il Pasolli era “l’uomo del pesce”. Vestiva quell’aura di “freschim”, fatta di alghe e di “sardèle”, che si faceva beffe di sapone e “bruschìm”. Abitava nel rione San Rocco, a due passi da piazza Catena. Ma la sua casa dell’anima era a bagnomaria. Il Brolio e il canale della Rocca. All’ombra dei platani la sua Ape, di mattina mostrava nelle vasche sul cassone i pesci che ancora si agitavano. Dritti dal lago alla padella. E la sporta delle donne ringraziava.
Maglioni a rigoni, caciòla blu di sghimbescio, occhialoni spessi. Proprio da cernia miope. Non amava la terraferma. Camminava così rollando le spalle dalla Rocchetta al Baldo. Che, a guardarlo, ti veniva perfino il mal di lago. (Nella foto è con l’amico Biancardi al Brolio).
Parole dette col lanternino, da cavargliele fuori. Anima libera, da fondali profondi e custode del dialetto rivano. Quell’idioma di generazioni andate che lui usava, da par suo, per sacramentare come si deve quando l’Òra stentava a calare. Pestolava poi al cospetto della Rocca perché, che diamine, doveva andare fuori, lui, a metter giù le reti.
Amava uomini e animali. Che tanto per lui erano la stessa cosa. Aveva amici sinceri. Edoardo Biancardi, stava con lui la mattina quando tornava dalla pesca.
“Una volta – dice Lucia Turello – mi portò a vedere un’oca che aveva il nido in una nicchia in Rocca. Alzò l’oca per farmi vedere i piccoli. Le oche si lasciavano toccare solo da lui”.
La sua Ape al Brolio era il negozio a cielo aperto. Poi il giro di frazioni e paesi: Rione Degasperi, Pasina e avanti.
“Il venerdì era a San Tomaso – ricorda Biancarosa Faitelli – Mia madre comprava e prenotava. Che bontà quel pesce e che personaggio quel tipo!”. Riforniva alberghi e trattorie come all’Amicizia a Varone.
“Al Liberty mio zio Danilo – dice Sonia Calzà – gli comprava il pesce, anche se non gli serviva. Poi lo tratteneva in cucina a mangiare assieme a lui e ai cuochi”. Quadretti di amicizia e di umanità.
Matteo Benini: “Sempre spaghetti al ragù. Serviti alle 17.30 in punto che poi doveva andare a calar le reti. E la solita frase: Dai bocia, movete, che gho da nar”.
“Qualche tempo prima di andarsene – ricorda Paolo Tagliente – s’era rotto una gamba scendendo dalla sua Ape. Sotto la scorza da burbero, si nascondeva una persona gentile e simpatica”.
Finto tonto o gran spiritoso? “C’era in ballo – racconta Grazia Zucchelli – una questione di fragranza di reato. Lui disse al Giudice. “Io ero solo. Non ho mai portato in barca nessuna che si chiamava Fragranza”. Da antologia rivana.
Negli ultimi anni riandava, con una vena di nostalgia, al bel tempo andato. Quando il lago era così pieno di pesci che non si sapeva proprio come “darghe la vòlta”.
Storie di gente di lago: il Torboli incantava con le virate pazze della Star “Mimma” e la barca del Pasolli segnava la linea d’orizzonte. Lui, in piedi, curvo a spingere sui remi. Traghettatore eterno, da immagine dantesca.
Albe e tramonti, come le vite di uomini non illustri, proprio com’era quel tal Pescatore. Albe e tramonti di una Riva che, talvolta, profuma di lago, sempre di storie d’uomini e di pesci.
Vittorio Colombo

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