La staffetta Riva-Genova dei Pompieri che salvarono il sub

Vittorio Colombo16/10/20224min
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Questa è la storia di una vita salvata. Quante ne hanno da raccontare i Vigili del Fuoco di Riva, ma il tempo passa e tutto viene dimenticato. È anche una vicenda che ha come protagonista il dottor Giacopini, il “Bepi”, allora si era negli anni ‘70, primario di otorinolaringoiatria all’Ospedale. È una storia che è drammatica e che stupisce per la mobilitazione di uomini generosi.
Ecco cosa successe. Tre sub, una domenica mattina, si erano immersi in una grotta piena d’acqua in Provincia di Vicenza. Due rimasero intrappolati, poi recuperati ormai senza vita, il terzo riemerse in stato di grave embolia gassosa. Gambe paralizzate e altre serie patologie. Si doveva intervenire, ma in una struttura adeguata. Le camere iperbariche, allora, erano pochissime, la più attrezzata era all’ospedale San Martino di Genova. Il tempo d’intervento era, però, fondamentale. Era noto che una “camera” era disponibile presso i Vigili del Fuoco di Riva, che avevano un reparto sommozzatori volontari. Si trattava di attrezzatura a camera singola, una specie di tubo, con una barella all’interno, dotata di collegamento microfonico.
Allora la sede dei Pompieri rivani era al rione Degasperi. Il sub vicentino, portato in elicottero nella cittadina benacense, venne immediatamente sistemato all’interno della camera iperbarica. Allora si sapeva ben poco di come si dovesse procedere. Venne intubato dopo che era stato “compresso” a meno 20 atmosfere, quindi si pensava di “provare” a portarlo a meno 30. Il dottor Giacopini, intervenuto anche come medico dei sub rivani, bloccò quanti volevano andare avanti per tentativi. Un collega esperto dell’ospedale San Martino, contattato per telefono, gli disse di portarlo immediatamente a Genova, ma era fondamentale che rimanesse “sempre compresso”, pena il decesso. La situazione era drammatica. Che fare e, soprattutto, come fare? A quel punto scattò la straordinaria organizzazione dei Vigili del Fuoco di Riva. La camera iperbarica, col paziente dentro, venne caricata su un furgone Transit raccattato in fretta presso un commerciante. L’iperbarica veniva mantenuta in pressione con i “bi-bombola”, mentre altri “bibo” erano di scorta su un’auto al seguito. Dai Vigili del Fuoco, ricorda Giancarlo Angelini che seguì come giornalista e come sub le operazioni, vennero presi contatti con tutti gli altri comandi che si trovavano lungo la tratta Riva-Genova. Ad ogni casello autostradale il convoglio trovava pronte altre bombole che servivano a sostituire quelle, nel frattempo, scaricatesi. Fu un lungo e drammatico viaggio. Il dottor Giacopini, all’interno del furgone, manteneva sotto costante controllo il paziente. I timori che succedesse l’irreparabile erano molti e fondati. Nel cuore della notte, dopo un viaggio di oltre 300 chilometri, il convoglio giunse all’ospedale San Martino. L’infortunato, decompresso dal “tubo” rivano, venne subito posizionato in una camera iperbarica all’avanguardia, dove vi potevano accedere anche i medici curanti. Il recupero del sub vicentino durò parecchio. Un anno dopo tornò a Riva, pur con l’uso di stampelle, per ringraziare il dottor Giacopini per il suo intervento e i Vigili del Fuoco rivani che, con una operazione straordinaria, avevano reso possibile la staffetta della solidarietà. Una bella storia che fa onore alla Riva civile e solidale.
Vittorio Colombo

 



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