La leggenda rivana della “Donna di Fiori”

Vittorio Colombo13/10/20244min
donna fiori

Di Anna si sapeva davvero poco. Un tempo, oramai parecchie stagioni l’avevano segnata, doveva essere stata bella e gentile. Lo dicevano gli occhi che, nonostante l’età, avevano toni chiari e luminosi. Ma ormai la sua figura era minuta e fragile ed anche un soffio di vento sembrava rapirla. A Riva nessuno sapeva molte cose del suo passato, dei suoi giorni e dei suoi amori. Si diceva, quello sì, che fosse di origini nobili, una nobiltà che del resto traspariva dal portamento e dai modi gentili. Per i Rivani, negli anni tra le due Guerre, Anna “l’austriaca” era un personaggio entrato con leggerezza nella quotidianità cittadina.
La sua storia di certo era destinata a diventare, con sempre nuovi particolari aggiunti, una leggenda cittadina, quella che fino a qualche decennio prima i più anziani ricordavano come la leggenda della “Donna di Fiori”. Anna, si dice nella leggenda, nota ad una generazione ormai pressoché scomparsa, era in quella Riva e in quel periodo personaggio accolto con piacere nel novero delle figure, singolari o caratteristiche, che rendevano bella e vivace la vita cittadina. Al pari della “Gambereta”, la vecchia indovina dalla gamba di legno sempre vestita di bianco, o della donna che girava, tutta orgogliosa, con una gallina al guinzaglio. “Anna dei Fiori” faceva per buona parte dell’anno vita ritirata. In primavera, però, tutto cambiava. Quando i giorni andavano facendosi più lunghi la donna ogni mattina andava ai giardini del Lido. Entrava nelle aiuole, ricche di cerchi di fiori multicolori. Sceglieva i più belli e teneva sotto braccio mazzi grandi, colorati e profumati. Si adornava con dei fiori i capelli, altri li sistemava sulla camicetta sottile. A tutti quelli che incontrava regalava un fiore e un sorriso. Poi, quando le campane suonavano il mezzogiorno, dal pontile di punta Lido gettava una rosa nel lago. La leggenda è, a ben guardare, un omaggio alla bella Riva, perché si diceva che l’acqua diventasse di colpo più cheta e di un azzurro inspiegabile. I Rivani godevano di questa presenza. C’era però il capo dei giardinieri, che talvolta si sentiva di dover richiamare la donna. Ma si mostrava burbero, più che altro, per dovere e per incarico. In realtà questi doni floreali finivano per essere motivo di lode da parte dei cittadini sia nei confronti del responsabile che dei giardinieri comunali. Quando la donna morì, la bara nella chiesa dell’Assunta diventò l’aiuola più bella che si fosse mai vista. I giardinieri fecero il miracolo e, grazie al giardino fiorito che era diventata l’intera chiesa, anche la morte sembrò ritrarsi di fronte a tanta bellezza. Ogni giorno, dal giorno dell’addio, un uomo burbero, continua la leggenda rivana, allo scadere del mezzogiorno dal pontile del Lido gettava una rosa nel lago. Le acque si calmavano e diventavano più limpide. La rosa girava in un vortice che sapeva di ballo antico, finché andava a scomparire accolta dalle acque rivane, proprio come succedeva quando a compiere quel rito era la “Donna di Fiori”.
Vittorio Colombo



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