La leggenda dell’Atos: comprava i giocatori a peso e pagava in tori e vacche

Vittorio Colombo19/05/20244min
tremalzo, 2planchestainer, Righi, papà del girardi - Copia - Copia

E quella dell’Atos Planchestainer la sai? L’ambiente di un tempo del calcio Benacense era atmosfera e sana sportività, ma era anche, e soprattutto, storie e storielle: vere o inventate, o in parte vere e in parte esagerate, o proprio del tutto inventate. Ma a forza di raccontarle in compagnia diventavano tutte vere. Come quella, straordinaria, dell’Atos Planchestainer. Il buon Atos è stato un grande. Un vero Rivano, in gioventù scanzonato, grande motociclista, poi anima e cuore nella Benacense, dirigente per un lunghissimo periodo. Conosceva tutti per via della sua professione: aveva a Riva una macelleria assai rinomata, poi diede vita all’RBP di viale Prati con Raggi e Bianchi. Allenamenti, partite, in casa o in trasferta, c’era sempre. Insomma, un grande cuore. L’Atos era dunque un super esperto di carne di qualità e di giocatori di qualità. Fai uno più uno, ed ecco che il Nostro metteva assieme pane e salame, conoscenze professionali e amore calcistico.
L’Atos dagli anni Cinquanta ai Settanta, come Ds, Direttore sportivo, aveva l’incarico di occuparsi della campagna acquisti. Ad ogni stagione doveva rinnovare il parco giocatori. Batteva campetti di periferia, ma soprattutto le valli, con particolare predilezione per le Giudicarie, quindi per la valle del Chiese per i giovani promettenti delle squadre di Darzo e di Storo. (Nella foto, da destra, Planchestainer in ricognizione, con lui Righi, Girardi e Marchi). Quello di allora era un calcio robusto, alla Nereo Rocco. Selezionava così giocatori alti, muscolosi, prestanti. La sua doveva essere una Benacense da combattimento. E allora? Iniziava la trattativa per l’acquisto, e qui viene il bello. È un aneddoto, precisiamo, e tutti ci hanno messo qualcosa, di certo è una sorta di leggenda metropolitana rivana, con dentro un pizzico di verità. Io ve la racconto perché allora era una storia che correva sulla bocca di tutti. E, dunque, ha fatto epoca come potrà ben testimoniare chi quelle stagioni le ha vissute. Con affetto e spirito verace rivano si diceva che il Ds Planchestainer comperava i giocatori… a chili! Finivano sulla bilancia. E più era la stazza e più erano valutati. E pagati. Come? Ma con quintali di carne, che il Nostro commerciava all’ingrosso, tanto da riempire intere celle frigorifere delle società. Ma non è finita, almeno secondo i racconti che lasciavano a bocca aperta noi ragazzi al bar della Benacense del Gazzini “Gran Bretagna”: l’Atos arrivava a pagare i giocatori Maciste portando a Storo, o dove diavolo volete, dei tori o delle vacche. Vivi, vegeti, sani e forti, scalpitanti che sembravano voler colpire a calci palloni e palle varie. Poi ci metteva, magari, anche qualche soldino, ma volete metter la bellezza di questa storia popolare? degna di un aneddoto di quel grande che è stato Gianni Brera. E i tifosi se la tiravano. Se il giocatore, così acquistato, nella partita della domenica della Benacense toppava, urlavano dalla tribuna: “Atos, riprendiamoci il toro!”.
Vittorio Colombo



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