Il turista che rubava lampadine al “Bellavista” di Vignole

Vittorio Colombo23/06/20244min
BELLAVISTA VIGNOLE W

Era l’una di notte. E non si vedeva un tubo. O meglio, con il trascorrere dei minuti all’albergo “Bellavista” di Vignole le luci si spegnevano, una dietro l’altra. Ben presto il proprietario dell’albergo, Francesco Girardi. cominciò a preoccuparsi. Si trovava nella taverna dell’albergo con una decina di clienti e, per un po’, pensò che magari era tornato il coprifuoco. Si era nel giugno del 1966 e da oltre vent’anni il Pippo non sganciava più le sue bombe dove, sotto, compariva un barlume di luce. E, dunque, che stava accadendo? La taverna era ancora rischiarata da una tenue luce, di quelle che fanno l’atmosfera giusta per i lenti struscia-struscia che accendono i sensi dopo la mezzanotte. Solo che, dalle scale che scendevano in taverna, veniva solo buio pesto. C’erano tutti? Macché! Conta che ti conta, in effetti, qualcuno mancava. Si trattava di un giovane tedesco di 20 anni che si era, fino a poco prima, distinto nelle libagioni e in shake travolgenti con la giovane moglie. A dire il vero il Girardi si era accorto che tra un ballo sfrenato e l’altro il giovane, che di nome faceva Hubert, saliva di gran carriera le scale e, mentre gli altri folleggiavano di sotto, spariva nell’atrio e nei piani alti, quelli piombati nel buio. Allora, visto l’andazzo da progressivo oscuramento, salì le scale per andare nell’atrio e vide l’incredibile. Nell’angolo più nascosto del locale il giovane Hubert, in piedi su una sedia, era intento a sfilare una lampadina dal lampadario. “Ah! porcocane! giù le mani dalla mia lampadina!” esclamò l’allibito proprietario, che, chiusa a chiave la porta d’ingresso e rovesciando sedie, raggiunse il telefono e chiamò i Carabinieri. I militi arrivarono e, facendo luce con delle torce, chiesero: “Perché qui è tutto buio?”. Il Girardi indicò il Tedesco che era riuscito a sfilare l’ultima lampadina e se l’era messa in tasca. I militi lo perquisirono e gli trovarono addosso otto lampadine, quattro nelle due tasche dei pantaloni e altre quattro nelle due del giubbotto. Lo sconcerto era grande. “Dobbiamo far luce sull’accaduto” disse uno salito dalla taverna, dopo aver sbattuto la testa in una porta. “Ma mancano decine, forse centinaia di lampadine” disse disperato il Girardi che si era accorto che tutto l’albergo, corridoi e stanze, era stato depredato. Intanto il buon Hubert veniva condotto alla sua auto parcheggiata nel cortile. E, meraviglia, sul sedile posteriore si facevano compagnia ben quattordici lampadine, in fila per tre con resto di due, che aggiunte alle otto che aveva addosso portavano la refurtiva a quota 22. Da illuminare uno stadio. L’Hubert, che di cognome faceva Stengh, contò il malloppo ed apparve soddisfatto. I Carabinieri lo caricarono sulla jeep e lo portarono in caserma ad Arco per l’interrogatorio. Il giovane, che alloggiava in un campeggio di Limone, in Germania faceva l’idraulico. “Mio Dio!” disse l’albergatore che andò, sbattendo di qua e di là, a tastare i rubinetti nelle stanze. Erano tutti al loro posto. Il ladruncolo, denunciato per furto, venne tradotto nel carcere mandamentale di Riva. Fin qui tutto sul giornale “l’Adige” (5 giugno 1966). Poi si sa come vanno le cose. Nei bar rivani si disse che l’agente di custodia pensò bene di mettere in salvo la lampadina della cella.
Vittorio Colombo



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