Il prete di Riva si salvò dalla morte nascosto nell’altare

Vittorio Colombo16/07/20234min
don Parolari Ia messa - Copia

C’è un singolare episodio rimasto impresso nella memoria rivana. Ecco come me lo raccontò anni fa il protagonista, don Giovanni Parolari: “Io ero sempre nel mirino di nazisti e fascisti. C’era stata una spiata: vennero a cercarmi, batterono in lungo e in largo la chiesa di Santa Maria Assunta. Io mi nascosi nel vano “grande”, si fa per dire, neppure un metro quadro che si apre sul retro dell’Altare dell’Addolorata. Mi rannicchiai e mi misi sulla testa pezze, scope e tappeti. Stavo immobile, sentivo i passi e il loro rimbombare nella chiesa e, toc toc, come colpi nel mio cuore, il battere degli scarponi sul pavimento. Cercarono anche nei confessionali. All’una di notte mi fidai a sgusciar fuori e mi chiusi in canonica: monsignor Paolazzi non avrebbe potuto proteggermi. Un prete partigiano andava punito con la morte”.
Don Parolari è stato testimone di un decennio, gli anni Quaranta della storia cittadina. Come cappellano della Parrocchia di Santa Maria Assunta, ordinato sacerdote nel 1940 a 24 anni, trascorse a Riva, dal 1941 al 1951, una stagione indimenticabile per intensità religiosa e sociale. L’Oratorio diventò la sede di tutti i giovani rivani. Ma arrivarono giorni terribili, culminati nell’eccidio dei giovani martiri rivani del 28 giugno del ‘44, e anche l’Oratorio venne requisito.
“Quando i nazisti lo occuparono – racconta ancora don Giovanni – volevano trasformare la sala del cinema nella stalla dei cavalli. Monsignor Paolazzi andò dal comandante della Wehrmacht e minacciò la sollevazione dell’intera città. Allora la sala del cinema fu rispettata”.
Don Giovanni, prete della Resistenza, militò nelle “Fiamme Verdi” di ispirazione cattolica. Gli incontri clandestini avvenivano nel retrobottega del negozio di scarpe Arlanch, in fondo a via Mazzini.
“Lì ci trovavamo – ricorda – con il gruppo di oppositori. Alcuni erano di sinistra, guidati da Dante Dassatti; altri erano cattolici. A quegli incontri segreti partecipavano tra gli altri Enrico Meroni, Renato Ballardini, Ermete Valentini, Remo Voltolini.
Un altro episodio raccontato: “Era la Messa delle 11. Parlai di libertà e contro la prepotenza. Dissi: Gesù predica l’amore, non badate a chi predica l’odio oltre il confine nostro. C’era in Chiesa un colonnello nazista. Vedo questo ufficiale che scatta in piedi ed esce stizzito, sbattendo la porta dell’Assunta. Per me era già stato disposto l’esilio. Così don Paolazzi disse al giudice: Se mandate via don Giovanni, chiuderò tutte le scuole. Ma dovetti ingoiare amaro e dire nella Messa successiva di essermi spiegato male”. Un’altra volta don Giovanni doveva consegnare dei documenti ai partigiani di Bassano del Grappa. “Mons. Paolazzi mi fermò. 16 partigiani di quel posto vennero impiccati. Tra loro avrei potuto esserci anch’io”.
Finita la guerra, don Parolari fece dell’Oratorio il centro della gioventù rivana. Costituì la società sportiva Virtus, ma nel 1951 fu allontanato perché ritenuto prete di sinistra. Andò a Molveno, poi a Condino, quindi a Merano, dove rimase fino alla morte avvenuta nel luglio del 2013. Tornava spesso a Riva. Nel 1990 ci fu una grande rimpatriata con un gran numero di “oratoriani” rivani che mai lo avevano dimenticato. “Sono stati quelli trascorsi a Riva – era solito dire con una vena di nostalgia – gli anni migliori della mia vita”.
Vittorio Colombo

 



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