Il mistero del Cinema che andava a legna
Fuori nevica. Il fascio di luce del proiettore entrando nel buio anima due figure: Stanlio e Ollio che ballano sullo schermo. C’è il sonoro, ma anche un ronzio di rotelle che fanno girare la vecchia pellicola. Germano Cis, una mano sulla vecchia macchina, quella scena l’ha vista tante e tante volte, ma ogni volta è poesia. Decenni di proiezioni e di emozioni nel vecchio cine “don Bosco” di Bezzecca (chiuderà nel 1998). Era il 1954 quando, a 14 anni, Germano aveva cominciato vendendo caramelle in sala, qualche anno dopo la “promozione” a operatore: il sogno della sua vita realizzato. C’è un’altra luce, nella vecchia sala, che manda nell’aria bagliori di un bel colore rosso. Viene dalla stufa di ghisa attaccata al muro che fa il suo dovere. Alcuni bimbi sono addetti ad alimentare, con pezzi di legna, la stufa, come succede ogni domenica pomeriggio. Nella sala sono ammassati, stretti l’uno all’altro, decine e decine di bambini di Bezzecca e di altri paesi della Valle di Ledro. Tutto quadra… o quasi, perché il buon Germano rimugina un pensiero che riguarda la legna, necessaria perché d’inverno, senza stufa, non ci potrebbe essere cinema. Alcuni ragazzi tirano fuori le cinquanta lire per l’ingresso. Ma quei soldini per molte famiglie sono un sacrificio. Ma niente paura, i soldi al “don Bosco” non sono tutto. C’è, subito dopo la porta, la postazione tenuta da Giacomina Daldoss, moglie del Germano, che fa da cassiera. Giacomina, sposando il Germano nel 1968, ha sposato il cinema, sempre presente, di pomeriggio e di sera, d’estate come in inverno. Si presentano questi bimbetti, col moccio al naso, le manopole e le braghe corte con le ginocchia arrossate dai geloni. Allungano due fette di torta, un cartoccio di castagne, tre gomitoli di lana grezza, un centrino di pizzo della nonna. Sono pagamenti, buoni come i soldi, se non di più, perché sono doni. Ma c’è chi porta una fascina di legna, raccolta, com’è giusto pensare, nei campi o sul monte, un biglietto d’ingresso gradito per il cinema d’inverno. Il Germano, anima bella, ha però un tarlo che gli rode il cervello. Non si sa spiegare una stranezza. Come ha potuto verificare, la catasta di legna, posta all’esterno, invece di crescere cala a vista d’occhio. Si nasconde allora dietro un angolo. Vede che arrivano a frotte i ragazzi, hanno le mani in tasca e si danno pacche d’allegria. Prendono dalla catasta un bel fascio di legna, lo tengono con le braccia come un bimbo in fasce e si avviano, in fila, come i Re magi con i doni. Entrano nell’atrio e presentano il loro biglietto vegetale alla cassiera Giacomina. Quindi, avuto l’assenso, girano le spalle, escono e, tornati alla catasta, vi depongono la legna che, in pratica, torna al suo posto. Viaggio di andata e ritorno. Ma, visto che la legna è sempre la stessa e ogni domenica viene poi prelevata dagli addetti ad alimentare la stufa, è fatale che la catasta scenda paurosamente. Svelato il mistero, l’operatore, a proiezione finita, avrà qualcosa da dire, anche se non può non sorridere di fronte a tanta birboneria.
La legna dopo tanto viaggiare scoppietta nella stufa e riempie il buio di faville splendenti. Stanlio e Ollio ballano sullo schermo, fuori la neve scende silenziosa.
Vittorio Colombo
(Il “Don Bosco” di Bezzecca ha chiuso nel 1998, La foto di Germano e Giacomina è del 2008 ed è stata scattata davanti al proiettore, nella galleria dell’ex cinema Perini di Riva)