Il ballo con caschè della Ciarina

Tutti aspettavano il grande ballo. Una folla vociante e colorata gremiva il Brolio e prendeva d’assalto il palco sovrastato dal globo con la scritta “Vino Santo Torboli alla conquista del Mondo”. Primi anni Sessanta, erano i giorni della Notte di Fiaba, quella magica “dei barconi”. Il fantasista Bruno Salvadori, gloria televisiva per le mattate che combinava nel “Grazie Stella” del Carosello Negroni, aveva già riscaldato gli animi. Con il cappello sugli occhi aveva proposto il soldatino che marciava a passo dell’oca e aveva strepitato le esilaranti strofe di “la maiala ha fatto i maialini” (“la pursèa l’ha fato i pursèi”) e, finalmente, il momento atteso era arrivato. “Abbiamo il privilegio di avere qui – annunciò il Bruno strabuzzando gli occhi – una affascinante ballerina reduce dai trionfi del Bolshoi. Un applauso per la regina della danza. Siete pregati di non allungare le mani!”. A questo punto dei complici sollevarono una donna, per così dire, formato barilotto, che se ne stava sotto il palco. Fu issata di peso e andò ad occupare, salutata da un’ovazione, il centro del palco. La Ciarina era più che un personaggio, era un’istituzione rivana che viveva alla giornata, di espedienti, come piaceva a lei. Tutti le volevano bene per il suo carattere allegro e dirompente. Di norma se ne stava seduta a sferruzzare sulla panchina al chiosco dei Martini all’Inviolata.
Di tanto in tanto si alzava per rincorrere e prendere ad ombrellate i bambini più discoli che la canzonavano. Ma torniamo al palco del Brolio. La Ciarina, un metro e trenta o poco meno, aveva la forma di una palla. Indossava quattro, cinque maglioni, uno sopra l’altro. Si difendeva così dal caldo come accadeva in quella domenica di fine agosto, primi anni Sessanta. Si cominciò in maniera leggiadra, con un valzer romantico. Il Bruno le cingeva cavallerescamente le rotondità e la faceva roteare come una trottola, tra urletti e squittii. La Ciarina appariva raggiante ed elettrizzata e sorrideva a piena dentiera e sotto i baffi, che erano un suo vanto. Si susseguirono balli strampalati, spesso la coppia rischiava di cadere sulla folla. Era l’ora del gran finale: quello del tango, i passi intrecciati, il Bruno con una rosa in bocca, la Ciarina con una foglia di palma e l’annuncio del caschè assassino. Come d’incanto sul palco apparve un materasso. Il tanghero piegò la donna-palla, che inarcò i maglioni all’indietro e volse lo sguardo al cielo. Trattenuta a fatica fino a una manciata di centimetri dal suolo, precipitò di colpo a peso morto con un tonfo sul materasso. Era il pirotecnico esilarante finale. Apoteosi di risate, applausi, fischi. Un successo, quella volta, come in altre simili occasioni. Poi la Ciarina venne “pagata” con una corona di mortadelle, che si sistemò al collo, e un fiasco di Vino Santo Torboli, che finì ben presto prosciugato.
Vittorio Colombo