Francesca dei cani e gatti e la battaglia contro i Vigili del Fuoco
Francesca si batté con le unghie come una furia. Con i denti no perché, purtroppo, non li aveva. Guidò da condottiera la rabbiosa resistenza del suo esercito di cani e di gatti. Un centinaio o forse più, di tutte le taglie e razze, botoli o maremmani, gatti siamesi, spelacchiati, tigrati e tigrotti. Abbaiando e miagolando, morsicando polpacci e mani, per un bel po’ tennero in scacco i Vigili del Fuoco di Riva. Costoro, forzata la porta del casotto “Fort Apache”, erano in missione per sgomberare l’immane immondezzaio. Lo sgombero alla fine avvenne, anche se qualche Vigile dovette poi passare dal Pronto Soccorso. Francesca, novella Giovanna d’Arco, venne bloccata da un acchiappacani professionista. L’epica lotta non è nell’Iliade, ma nella storia di Pregasina. La protagonista: Francesca Kavicic, nata in Croazia nel 1907, è ancora ricordata con affetto da chi è stato ragazzo, negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, nella ridente frazione rivana.
Era un bel giorno di primavera del 1960 quando lei, donna di fatica, vi arrivò in gita con le suore del San Pancrazio di Arco. Le suore al rientro la dimenticarono. Lei, anima semplice, trovò delizioso il panorama. Affittò da Lucia Zani alcuni locali. Portò in paese una ventata di allegria. Cantava, esuberante e bizzarra quanto basta. Viso tondo e colorito rubizzo, occhi furbi e capelli raccolti in un fazzoletto. Fu adottata dal Paese. Promossa sagrestano, tre volte al giorno tirava le campane che se la suonavano contente. Aiutava i paesani in campagna e spesso scendeva a piedi a Riva per lavori di pulizia presso famiglie.
La Francesca, e qui arriviamo al dunque, aveva un amore smisurato per cani e gatti. Era una “mega-gattara” ed anche una “mega-canara”. Grazie anche ai sacchi di pane secco del Vivaldelli di Riva sfamò i primi esemplari. Ululati e miagolii si sparsero per il Creato. In breve i paesani assistettero allibiti al pellegrinaggio di moltitudini di pulciosi, pelosetti e pelosoni. Pregasina diventò così la Lourdes canina e gattina. Abbaiavano, latravano, miagolavano, facevano l’amore come conigli. Lì avevano trovato il loro Paradiso. Mamma Francesca poi, quando si assentava, li rinchiudeva al buio e odori e rumori facevano esplodere quei locali. Venne perciò convinta dal parroco a trasferirsi, zoo al seguito, nell’ex caseificio abbandonato. Ma gli arrivi non si fermavano I vicini cadevano svenuti per il fetore. Tutta Pregasina era avvolta in una spessa nuvola di puzza. Si invocò l’intervento dell’Ufficiale sanitario che fu all’origine della battaglia ricordata in apertura. La disinfestazione durò qualche settimana, gli animali furono fatti sparire. A Francesca venne dato un alloggio nell’ex Scuola Elementare. Ma non era più la stessa. Intristita perse ogni voglia di vivere. La trovarono sdraiata sul suo letto, immobile. La auscultarono. Non faceva le fusa perché il suo cuore si era fermato. Morì così, da martire. L’immagine della già “Beata Francesca dei Canigatti”, a mio avviso, meriterebbe un posto tra i Santi del calendario di Frate Indovino.
Vittorio Colombo