Il Gianni di Riva aveva un bel cavallo che… soffriva di vertigini

Vittorio Colombo18/07/20215min
elena.gianni

“Adès ve conto cosa m’è sucèss col me cavàl…” Questo diceva il buon Gianni Elena agli amici del bar Roma e dell’officina “Monte Oro” di via Circonvallazione a Riva del Garda.
Campa caval… che la curiosità cresce. Il Gianni, purtroppo scomparso, era un grande, ed anche un grosso, personaggio. Carica umana, sempre in prima fila per le mattate. Aveva la carica e il fisico del compianto padre Andrea, storico presidente dei Marinai. Gli Elena, officina dell’Alfa Romeo, erano i “Baghega” che stava per “pancetta”: per dire che erano ben robusti. Il Gianni, poi, era uno dei pochi che si tuffavano dalla cupola del faro della Spiaggia degli Olivi. Una pazzia. E questo già la dice lunga…
Va beh… ma il cavallo? Al trotto, eccoci. Al Gianni era venuto il ghiribizzo del cavallo. Ne prese uno bello come il sole. Le “trottate” nelle campagne della Busa erano parate di gala. Tanto che la gloria cittadina galoppò.
Un bel giorno il Gianni optò per una cavalcata in salita. Destinazione: malga Grassi. Montò in sella e via, al galoppo. Tornanti per Campi, quindi sentiero per la malga. Il cavallo andava su come uno stambecco. Il Gianni, senza una goccia di sudore, contento come una pasqua. Memorabile, al solito, l’abbuffata ai Grassi. E mai nome fu più appropriato.
Ora di scendere. Il Gianni, ben pasciuto, sale in groppa. E fa: “hop, hop”. Che nel linguaggio dei cavalli vuol dire: “Dai parti, datti una mossa”. Ma l’equino non si muove. Punta gli zoccoli. Si sbilancia tutto a monte. Che sarà mai? Il Gianni pensa: “È come un diesel, va riscaldato”. E poi serve l’esempio. Quindi scende dalla sella e cammina. Tenendo con la mano la briglia. Ah ecco, il cavallo lo segue docile. Comincia la discesa. Lui fa un passo e un passo (si dice cosi degli equini?) fa il cavallo, Due, dieci, cento passi. Il Gianni davanti e il cavallo dietro. Il Gianni pensa. “È riscaldato” e risale in sella. Bloccati. I due sono la statua equestre del generale Custer.
Il cavaliere comincia ad avere dei sospetti. Riprende la penosa discesa. Passo dopo passo, avanti così. Sincronizzati. Tanti passi, tante soste. Nuovi tentativi di salire in sella, che magari…
Ma la solfa continua. Il Gianni, grosso esperto di motori, capisce tutto: il suo non è un cavallo da discesa! Ha le vertigini se deve guardare in basso. Sul libretto di istruzioni non c’era, dannazione! Ma che colpa ne ha lui? Può capitare. Così la strana coppia, a piccoli passi e a grandi soste, uno davanti a due zampe e l’altro dietro a quattro zampe, come due Re Magi scendono a singhiozzo. Ma è una faticaccia. Arrivato a Campi il Gianni ne ha piene le azze. Lega il cavallo ad un palo e si fionda a rotoloni giù giù, fino a Riva. Recupera un camioncino nella sua officina, sale ai Campi, issa sul cassone lo strano animale. E giù, di nuovo a Riva, a tutta birra. O a tutto vino, che è meglio. Il cavallo, con tutte le sue vertigini, viene parcheggiato e “biadato” in via Circonvallazione.
Questa è la storia. Vera e sacrosanta. Poi, come sempre succede, tutti ci attaccano qualcosa. E ci fu allora anche chi, in beata ebbrezza alcolica, sostenne questo: il Gianni, forte come un torello, si caricò in spalla il cavallo. E così, dai Campi, lo trasportò a valle. Proprio come la Madonna Pellegrina. E chi ha conosciuto il Gianni, come abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo noi, sa che non è bestemmia immaginare che sia andata proprio così.
E, del resto, così la racconta anche il cavallo.
(Il disegno è di Adone Negri dal giornale satirico “Alber de la Maldicenza”)
Vittorio Colombo

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