Si chiamavano “’Òra” e “Balinòt”. Proprio come i venti che deliziano, spirando l’uno da lago, l’altro da monte, la bella Riva. Ed erano orsi, anzi orsetti. ‘Òra la femmina, Balinòt il maschio. Se ne stavano reclusi in una gabbia nei pressi del Bastione. Non ci credete? E allora (Archivio storico rivano) ecco la storia...
Si era nei mesi di febbraio marzo del 1969. In un recinto a Sardagna di Trento vivevano delle coppie di orsi. La gente faceva la fila per vederli. Poi, si sa, non sapendo come ingannare le giornate capitava che questi orsi si accoppiassero.
Dante Dassatti, personaggio dalle mille iniziative, concepì l’idea, che il sindaco Egidio Molinari, uomo di peso, approvò: “Accasiamo una coppia di orsi nella pineta del Bastione e ne facciamo un’attrazione per rivani e turisti”. Erano quelli anni d’oro per la funivia del Bastione.
Il sindaco di Trento Edo Benedetti diede l’assenso. Ma per quell’anno niente da fare. I due cuccioli disponibili erano già stati regalati a Milano. Si doveva attendere la cucciolata successiva. Fu così, infatti, che nell’aprile del 1970 due orsetti bruni vennero alloggiati nella grotta presso la pensione “La Pineta” di via Bastione gestita da Renata Soave.
Era una sistemazione di emergenza in attesa di una prima gabbia. Poi ce ne sarebbe stata una seconda. La gabbia matrimoniale prometteva cucciolate. Con l’auspicata “famosa invasione degli orsi della Rocchetta” quei visionari vedevano già le balze brulicare di plantigradi di nobile stirpe rivana.
Campa orso che il pelo cresce.
Così, in attesa del futuro, i gestori della pensione Pineta si presero cura dei cucciolotti mentre il Comune ci metteva i soldoni. Realizzata la gabbia con tondini di ferro, gli orsetti, passarono dalla caverna alle sbarre. Come dire “dalla padella alla brace”.
Ma fu momento magico. Una ventata di orgoglio percorse Riva. Lo slogan “Vai in seggiovia con l’orso” fece scintille. D’estate fu folla di turisti ma anche i rivani furono colpiti da “Orsomanìa”. Il contagio si trasmise alle scolaresche. E, genialata, il Comune indisse un concorso. I bimbi di prima elementare vennero invitati a disegnare gli animali con una proposta di nome.
La giunta Molinari valutò nomi come “Baldo e Garda” indicati da Giorgio Voltolini, “Coala e Ted” da Giulia Piccioni. La spuntò, con merito, l’alunno di prima D delle “Nino Pernici” Paolo Civettini, maestra Ornella Dal Lago, che sbaragliò il campo con “Ora e Balinòt”. Dei due orsi, così battezzati, si parlò molto in quegli anni.
Ma ogni gloria, si sa, è effimera. Ed anche gli innamoramenti per gli orsetti che, diventati orsoni e incazzati come grizzly, non erano più così divertenti e teneri. Le gabbie si rivelarono troppo piccole e la coppia, non si sa se per questioni sessuali o altro, prese a dare i numeri. Qualcuno li ricorda anche un po’ deperiti, sicuramente intristiti. Poi c’erano anche le spese. Dal 1971 il Comune aveva distaccato un uomo del cantiere a far da custode. Doveva portar su ogni giorno il cibo, carne a quintali. Sembra però facesse storie per entrare nella gabbia per le pulizie. Temeva di essere scambiato per una bistecca.
Epilogo. Il sindaco Bruno Santi, insediatosi nel marzo del 1971, fece fronte ai rovesci della pesante eredità. Quella gabbia andava rimossa e andava trovata una sistemazione più dignitosa e compassionevole per i due orsi. Nel 1972 la svolta. La coppia venne venduta (prezzo 275.000 Lire) al parco-zoo “Al Mulino” di Antegnate di Bergamo.
Così, cari amici, andarono le cose. E sfumò il sogno di lanciare nel mondo “Riva, città degli Orsi”.
(Correda il testo il disegno dell’alunno Paolo Civettini, primo al concorso scolastico 1970. Se qualcuno ha delle foto si faccia vivo. Un grazie con grugnito)
Vittorio Colombo