1976, terremoto di Santa Lucia: dramma per Riva e centinaia di sfollati
“S. Lùzia balerina, la fat de Riva ‘na rovina”.
Tredici dicembre 1976. Alle ore 6 24′ 39″ del giorno di Santa Lucia, ad un lugubre boato segue una terribile scossa di terremoto: Dura circa 4 secondi e colpisce Riva, l’Alto Garda e la valle di Ledro. Epicentro Monte Baldo. Magnitudo 4,5 scala Richter (6,5 scala Mercalli).
I piani alti ondeggiano. Crepe come ragnatele nei muri. Fuggi fuggi dalle case. Tutti in strada. Chi in pigiama e ciabatte, chi con una coperta sulle spalle, Temperatura sotto zero. Bambini nelle macchine. Cornicioni e camini crollati, calcinacci ovunque. Paura, senso d’impotenza.
Non ci sono, per fortuna, morti, ma i danni sono ingenti. Quantificati poi in 10 miliardi di lire.
La botta più dura alle scuole: inagibili la sede dei Geometri di viale Pilati, le medie “Damiano Chiesa”, angolo via Pernici (alunni spediti alla Colonia Pavese). Vicino alle “Sighele” cede un’ala del convento. Chiusi per gravi danni la parrocchiale dell’Assunta, la Rocca, il Giardino d’Infanzia il Municipio, la Pretura, la Posta, alcune sale operatorie dell’ospedale. Effetti fino a Ballino. Frane a Biacesa e nei pressi di Tione. Crolla un pezzo di strada del Ponale. Valle di Ledro isolata. Danni a Molina e in valle case inagibili e 300 sfollati.
Riva ha l’aspetto di una città bombardata. Via Disciplini e via Concordia, i vicoli del Torchio e Fabbri, la via Lipella col “muro del pianto”, sono così una selva di pali a puntellare le facciate. Una sessantina di edifici hanno lesioni serie, per una ventina non c’è nulla da fare. Si inabissa la piattaforma dei tuffi alla spiaggetta del Ponale.
Trecento residenti sfollati. Alcuni da parenti, altri in tendopoli all’Oratorio. Si accendono fuochi contro il freddo. Masserizie, disagi e proteste. Forze dell’Ordine per chi non vuol lasciare le case. La maggior parte in alberghi o residence, tra i quali il Monica. Ma l’Expo Schuh di gennaio pretende gli alberghi. Scendono in piazza gli sfollati contro nuovi esodi. Il Consiglio Comunale si riunisce al Cantiere comunale o in palestra. Giunta Dc, Psi, Pri, Franco Odorizzi sindaco, Macrì, Nicolli, Osele, Modena, Benaglio, Serena Antoniolli.
Con i soldi arrivati da Roma scatta la ricostruzione. Si costruiscono le nuove medie “Chiesa” (costo 2 miliardi), per le Sighele si fa la nuova sede al Peep. Si interviene su Municipio, porte S. Michele e S. Marco, galleria S. Giuseppe, Torre Apponale, Casa delle Vedove. Un comitato con don Vito opera per il restauro dell’Assunta, Canonica e Acli.
L’Itea costruisce il primo dei “casoni” in via Primo maggio. È rivoluzione urbanistica e sociale. Vi finisce gran parte degli abitanti “cacciati” dal centro. Famiglie che si conoscono, la coesione si sposta. Ma è il centro Riva che cambia volto. L’Itea interviene in via Disciplini e via Concordia. I privati cominciano a ristrutturare. Prima del terremoto nel centro di Riva le famiglie erano 410, dieci anni dopo se ne contano 196.
La S. Lucia del 1976 non si può dimenticare. Il giorno fu funestato anche da un omicidio passionale al bar Maroni. Il terremoto sconvolse case e destini: Riva ferita per lunghi anni venne tenuta in piedi da un intrico di pali.
Vittorio Colombo