“Aiuto! allo stadio si è perso il Corrado!”

Vittorio Colombo17/11/20245min
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Al secondo gol dell’Inter lo speaker del Bentegodi di Verona annuncia al microfono: “Verona 1 – Inter 2. Ha segnato Boninsegna. Corrado Gavazzi è pregato di raggiungere i suoi amici dell’Inter club di Riva del Garda che lo stanno aspettando alla curva sud”. È il 72° del secondo tempo ed è domenica 27 settembre 1970. Prima partita del Campionato di serie A.
Corrado Gavazzi è sparito. Dov’è? Boh! La preoccupazione della compagnia dell’Inter club rivano, con il coordinatore Bruno “Tondola” Torboli, è palpabile. Il pensiero della sorte del Corrado rovina la gioia per il finale di partita con la vittoria dell’Inter di Heriberto Herrera.
Un passo indietro. A Riva l’Inter club è fortissimo. Sono centinaia gli iscritti; animatore, con il “Tondola”, l’Ervino Betta. La sede è al bar Sandro. Per le trasferte alle partite dell’Inter si fanno, quasi ogni domenica, due pullman. Il Corrado, che vive in Parrocchia e fa un po’ il sagrestano, ha una smisurata passione per il calcio. Fa il guardalinee all’Oratorio correndo su e giù come un pazzo e assestando bandierate a chi sgarra. È il più grande tifoso dell’Inter, quello epico, di Vieri, Burgnich, Facchetti, Mazzola, Corso e compagnia calciante. Fa il viaggio sul pullman dell’Inter club che, per la prima di quel Campionato, parte da Riva a mezza mattina. Al Bentegodi bisogna essere per mezzodì, un paio d’ore prima del fischio d’inizio. Per questo sui sedili in fondo, in uno scatolone, sono stati stipati dei panini con la bondola per il “pranzo al sacco”. Una brutta sorpresa attende la compagnia. Il Corrado, incontinente in tutto, si è mangiato, non visto, una ventina di panini. Così alcuni devono mangiarsi solo le unghie. In compenso il buon Corrado ansima per la grande sete. L’arbitro Lo Bello fischia l’inizio. Boninsegna segna il primo goal dell’Inter al 52° e, ad esultare, che strano, non c’è il Corrado. Uno della compagnia dice: “Mi ha detto che non ce la faceva più e che aveva la gola in fiamme, quindi doveva farsi un bicchierino. Poi non l’ho più visto”. Passano i minuti, si chiede l’annuncio al microfono. La partita finisce. Il Corrado non si vede. Restano sulla curva sud solo i Rivani finché non li cacciano perché il Bentegodi chiude. Aspettano allora al pullman. Cala la sera ed è buio. Niente. La preoccupazione è alle stelle. Si fanno le più drammatiche ipotesi: rapito, pestato a sangue da un tifoso avversario, in coma etilico? Di certo, si considera, è uscito dallo stadio e ha vagato alla ricerca di un bar. Poi, magari annebbiato da caraffe di rosso, è finito in un fosso. Aspetta e poi aspetta ancora. La sera sta per andarsene in notte. Sconsolati il “Tondola” e compagni si danno per vinti. Si deve pur tornare a casa. Il pullman riparte che sono già le nove di sera. Che fine avrà fatto il povero Corrado? Chi lo dirà al monsignor Bartoli che lo ha in custodia e al Brunelli, il suo capo nello staff dei manutentori della chiesa? Il pullman gira per le strade attorno allo stadio per imboccare la via di casa.
Adesso immaginate di vedere la scena. I fari del pullman illuminano un cartello stradale con la scritta “Trento” e sotto il cartello c’è un tizio che si sbraccia. Il pullman si avvicina e accosta. Ecco, ora vedete, in un fermo immagine, il fascio di luce dei fari, il cartello con la scritta “Trento” e, davanti, con il suo più dirompente sorriso, c’è il Corrado Gavazzi che si sbraccia e se la ride, contento come una pasqua. Sale a bordo e chiede: “L’Inter ha vinto?”.
Vittorio Colombo



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