L’affresco del Craffonara finì nel magazzino comunale

Vittorio Colombo07/01/20244min
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A Riva del Garda in piazzetta Craffonara, a sud della chiesa dell’Assunta, è visibile l’affresco “Esaltazione della Croce”. Non è l’originale, ma una semplice copia del prezioso affresco dell’insigne pittore Giuseppe Craffonara. Che fine ha fatto l’affresco, quello vero, risalente al 1832? Presto detto, con gran dispetto: finito in discarica nel magazzino comunale. La copia che vedete è una riproduzione in bianco e nero, perché i bei colori dell’infelice originale già negli anni Sessanta si erano squagliati. Questo, nonostante il fatto che una gran schiera di Rivani, con in primo piano il compianto Elio Bresciani, denunciasse il degrado chiedendo interventi di salvaguardia.
Ecco, dunque, la piccola cronaca di un delitto rivano, rimasto impunito. Il quadro, cinque anni prima della morte dell’artista (1837), era stato eseguito a fresco sotto il tetto dell’Oratorio di Santa Croce, esistente, a quell’epoca, nell’attuale via Mazzini, tra casa Fiorio e l’Arcipretale. Si vuole che alcune delle figure rappresentate siano rivane: l’Aiani, il Dal Rì, lo Spinelli e le donne Adelinda Meneghetti, Francesca Meneghetti, Pilati Pasquina Torboli. Il 15 giugno del 1913 venne levato, perché andava in rovina, e trasportato in posto sicuro. L’Oratorio di Santa Croce venne demolito nel corso della Grande Guerra. Lo spazio a sud ovest dell’Arcipretale fu sistemato a piazzetta su progetto dell’architetto Giancarlo Maroni. L’affresco venne posto sulla parete, inserendo in basso il busto dell’artista, opera di Francesco Trentini. L’inaugurazione il 6 luglio del 1930. Nel Dopoguerra un professore ebbe la disgraziata idea di incollare l’affresco su tela direttamente alla parete senza alcuna copertura. Nel 1951 il professor Alberto Susat eseguì dei restauri per incarico della Sovrintendenza di Trento. Lo stesso Susat provvide a “fermare” le piccole squame di colore provocate dalle intemperie. L’affresco venne montato su un telaio; ai lati delle nicchie vennero fissate delle sporgenze in legno, sulle quali l’affresco venne fissato con delle viti in maniera da lasciar passare l’aria tra l’opera e il muro. Sulla parte superiore venne applicato un tetto. In tal modo si riteneva che la tela, non fissata, potesse reagire all’atmosfera conservando il colore. Si arriva così al 1966. Il tetto di protezione si era rotto L’acqua piovana scorreva sull’affresco determinando una striscia di umidità larga 20 centimetri, dall’alto fino in fondo. Il disastro in corso era visibilissimo e l’umidità andava interessando tutta la tela. Il professor Susat lanciò alte grida di allarme. Passarono due anni, finché l’affresco venne finalmente tolto dai suoi supporti, ma era ormai troppo tardi. L’umidità aveva distrutto colore e intonaco. Non rimaneva che tentare una riproduzione grafica che, nel 1972, quando Susat denunciò i fatti per filo e per segno, ancora non era stata fatta. Fu realizzata anni dopo grazie a delle foto. Per un bel po’ il muro restò vuoto ed umido, guardato, come una firma assurda e dolente, dal busto sconsolato del Craffonara.

Vittorio Colombo

(Nella composizione fotografica: lo spazio vuoto dopo che l’originale si era distrutto e la riproduzione del dipinto che si trova attualmente sul posto)

 



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