Cara scuola: “Dietro la lavagna, asino!”
Mani in prima, mani in seconda. Fuori le mani, “pam”, botta con righello della maestra.
Fuori dalla porta, dietro la lavagna. Dietro la lavagna in ginocchio. Peggio, in ginocchio sui gessetti. Far stridere i gessetti sulla lavagna nera: si può capovolgere e così ti sbatte in testa.
Capoclasse. Segna i cattivi sulla lavagna. Tu ci sei sempre.
Scrivere “Merda” sulla lavagna. Far la lingua alla maestra quando è girata… che poi se ne accorge. Nota sul quaderno: vieni accompagnato dai genitori.
Aste, cerchi, lettere, “che mal de panza!”.
La bella scrittura. La brutta, da zampe di gallina
Visto benino. Visto male. Puoi fare di più. Impegnati! Orrori! di ortografia.
Fare i conti, il quaderno di lingua, quello di conti, in bella copia, in brutta copia. Oggi dettato in classe. Porca miseria!
La cartella di cartone, a mano o a tracolla. Con dentro la “marenda”. Il quaderno “marmellatato” è buono da leccare. L’astuccio di legno, le penne ad asta nera, i pennini a torre Eiffel o a punta di lancia panciuta. Le matite Presbiterio, i colori Giotto, i segnalibri con le maschere italiane. La carta geografica dell’Italia. La foto, in cattedra, davanti alla carta geografica con il mappamondo a fianco.
Il sussidiario, il sillabario, l’abbecedario. O come oca, A come asino. No, le orecchie d’asino di carta non le metto. Il libro Cuore. I ragazzi della via Pal (via palle?). Ma come leggi? Zappi?
Il calamaio di vetro nel buco nel banco. Il banco di legno nero con le incisioni fatte col coltellino. La gomma da masticare appesa al banco. Da rimasticare più tardi. Prestare la gomma da masticare al compagno di banco, che poi te la restituisce. Ma più usata. Portare un rospo in tasca e buttarlo in testa alle bambine. I bigliettini passati ai compagni. Il bigliettino intercettato dalla maestra. Letto ad alta voce: “A quella del primo banco: sei la mia morosa?”. Rossore. Bei compagni, si spanciano dal ridere.
Far ancora la lingua alla maestra. E “marameo” con le mani davanti al naso. Sfida persa. Essere portato dietro la lavagna dalla maestra in punta di piedi. Perché sollevato per un orecchio.
Dire a quella che “la g’ha ‘l nas levà”: Che ti credi la Regina del Citrato?
Andare in bici senza mani. Portare quella del primo banco sulla canna della bici. Messa di traverso. Pregare: fa’ che non incontri, che vergogna, quel tuo amico!
Esami in seconda Elementare, esami in quinta. Pochi vanno alle Medie, i più alle Commerciali o all’Avviamento ad Arco. La pagella da far firmare. Paura. “En sgrif” lo faccio io e tutti contenti.
C’è chi fa la quinta due volte, la sesta e la settima. Sempre nella stessa classe fino ai 14 anni. “Ripetente bom da niente”. Scuola mattina e pomeriggio. Giovedì vacanza. Il primo ottobre cominciano le scuole.
Tema: La mia mamma. Come ho passato le vacanze? Cosa farò da grande. Una persona che non dimenticherò mai.
La mia maestra? Naso lungo alla Pinocchio… e vai. La capitale del Trentino si chiama Trentoetrieste.
Il “fapunte”. Le dita sempre macchiate d’inchiostro. Il quaderno con le “rece”. La carta “sorbente” buona per fare l’aeroplanino. Voli di aeroplanini in classe. Far la barchetta piegando il foglio. Tirare elastici con le dita a tirasassi. Inchiostro dappertutto. Dita nere, baffi in faccia, patacche sul maglione.
“Battiàm… battiàm le mani… arriva il diretor (o Struffi)… gettiamo tulipani e un mazzolìm di fior”.
L’inno di Mameli, l’inno al Trentino: Si slancian nel cielo patate e meloni, evviva i trentini, eccetera…
La “musina” della Giornata del Risparmio. Scassinata nel tragitto scuola-casa.
La figlia di Maria che frigna: “Maestra, ‘l Péro ‘l me toca”. “Se te la tóche sul cul la scalza come ‘n mul”.
E, come ogni santo giorno: “Dietro la lavagna, asino che non sei altro!”.
Vittorio Colombo