Il leggendario Carlo “Tète” Torboli, Re del Vino Santo

Vittorio Colombo06/03/20225min
torboli


Carlo Torboli, per tutti “Tète Torboli”, era un gran personaggio.
Va beh, ma perché “Tète”?
Al tempo, un po’ di pazienza…
Il Carlo, sempre elegantissimo in gessato da sfilata di moda, baffi assassini, ha fatto con le sue cantine e con il Vino Santo un bel pezzo della storia di Riva anni Sessanta ed avanti del secolo scorso. Il Vino Santo faceva impazzire le belle straniere e le “Notti di Bacco” alla Spiaggia degli Olivi con il Franco Chemolli erano un evento. A mezzanotte compariva nel bel mezzo della pista da ballo, sotto le stelle, un’enorme botte di Vino Santo e iniziava la distribuzione che faceva della notte una sarabanda di baccanti. E l’allegria, è il caso di dirlo, scorreva a fiumi.
Poi il suo stand con lo slogan “Vino Santo Torboli alla conquista del mondo” furoreggiava nelle edizioni della Notte di Fiaba con il Bruno Salvadori, quello dei Caroselli della Negroni, che animava il tutto da par suo, tirando sul palco a ballare la mitica Ciarina che, rotondetta e carburata, dava spettacolo con il suo scatenato cavaliere. E giù brindisi da Notti fiabesche. Poi come dimenticare il fatto che ingaggiò Mike Bongiorno, “mister Allegria”, che venne a dar lustro alle Cantine, con tanto di televisione al seguito e ricevimento di gran gala alla Spiaggia degli Olivi? Come Presidente della Benacense il Carlo, a fine anno, dava come dono a tutti gli atleti una bottiglia di vino, che era Santo, e quindi nello spirito giusto del Natale. Davvero un grande Rivano per spirito di iniziativa, simpatia e capacità di coltivare buone compagnie di amicizie. Insomma, sul Nostro ci sarebbe da scrivere un libro.
Fatta questa premessa, tanto per scaldare gli animi e aumentare la suspence, ecco la genesi del suo secondo nome, quel “Tète” che non lo avrebbe mai abbandonato e che è rimasto nella memoria rivana, anche se l’origine si è ormai persa nella notte dei tempi. Ma, per fortuna, ci sono ancora in giro attendibili testimoni di quei bei tempi che la raccontano così.
Il Carlo era l’anima di una bella compagnia di amici. Si muoveva circondato da uno stuolo di allegri Rivani, sempre pronti allo scherzo e a far baldoria. E i bar erano luoghi di ritrovo, frequentati anche perché, che diamine, si doveva pur tenere buoni i baristi che dovevano distribuire e divulgare il rinomato Vino Santo. Un bel giorno il Carlo, al bar Trento di viale Dante, tirava mezzogiorno con un bel gruppo di fidati amici. Tutti in piedi a disquisire sulle qualità dell’ultima miss del Dannunzio Rezzaghi al Rosengarten e sulla partita di calcio della Benacense con la solita invasione di campo, guidata dal Milio Betta. Siccome le gole, tra tante chiacchiere e tanto ridere, andavano sul secco, il buon Carlo, sempre generoso nell’offrire giri dissetanti, si rivolse al Santorum che, dalla parte del banco del suo bar, serviva i clienti amici.
Il Carlo disse: “Campari per tutti”. E il Santorum: “Quanti?”. E il Carlo: “Tète”. A questo punto va fatto un inciso. Il Carlo Torboli aveva la “esse” arrotata, forse un po’ alla francese, una pronuncia che era decisamente affascinante e che conferiva all’elegante personaggio un tocco di fascino linguistico in più.
Il Santorum restò perplesso, poi sbottò: “Cosa?” e il Carlo, un po’ accalorato: “Ma tète, no?”.
E contò, indicandoli, i compagni davanti al bancone: “Uno, due, tre, quattro, cinque, tèi… tète!”.
Fu così che, da quel giorno, il grande Carlo Torboli ebbe il rivano battesimo, destinato a durare nel tempo, di “Tète”.
E, per dirla tutta, fu nei secoli, saeculorum amen, Carlo “Tète” Torboli.
Vittorio Colombo

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