Il falso Monsignore che a Riva e Arco confessava fedeli e suore

Vittorio Colombo23/01/20225min
padre ralph


Correvano i primi anni Ottanta quando arrivò da noi il Monsignore. Era, per dirla come Dante, “alto, bello e di gentile aspetto”. Ed era baciato dal fascino della tonaca. Le quotazioni dei “tonacati”, soprattutto nella metà femminile del cielo, erano allora alle stelle. L’innamoramento, un po’ mediato molto platonico alla “vorrei, ma non posso”, aveva il sorriso tentatore del bel padre Ralph, star della serie televisiva “Uccelli di rovo”.
Quel nostro Monsignore fece, dunque, la sua apparizione nell’Alto Garda e venne accolto con ammirazione e calore. Del resto, dal sorriso al portamento, alle mani diafane proprie di chi nella vita ha maneggiato solo sacralità, tutto in lui parlava di personaggio da santino da collezione.
Comprensibile che il Monsignore trovasse albergo, ospitalità e tappeti rossi nelle chiese e nei confessionali, soprattutto in quelli di Riva e di Arco. Oltre a celebrare, ma senza strafare, la sua doverosa Messa quotidiana, il Nostro dava il meglio di sé nelle confessioni.
Aveva un dono, quello che fece la gloria di grandi confessori della storia. Dietro la grata, ma anche a diretto contatto, era accogliente, suadente, comprensivo, tollerante, e, diciamola tutta, sapeva ascoltare. Eccome se sapeva ascoltare!
Ben presto, per un gran numero di fedeli e per una eletta schiera di pie donne, fu “il Confessore”, e dunque “Monsignor Confessore”, che un cielo benevolo aveva inviato nelle lande dell’Alto Garda, nelle quali, come in tutte le lande planetarie, aleggiava allora lo spirito dell’irresistibile padre Ralph degli “Uccelli di rovo” che, a dirla tutta, diventò per disincantati e dissacratori il riferimento ad un organo che non era di quelli che suonavano in chiesa, ma decisamente maschile… con l’aggravante dell’essere addirittura “di rovo”.
Il Monsignore era uno stakanovista, davanti al suo confessionale c’era sempre la fila. Fu davvero un bel momento e il campione della “grata accogliente” divenne, per i sarcastici rivani, la “Grande Lavatrice”. Si scherzava allora, ma sempre con rispetto ed ammirazione, sul fatto che quelli e quelle che entravano nel suo confessionale ne uscivano puliti. Bianchi e immacolati e profumati, come dopo un trattamento a centrifuga lanciata a mille.
Ma non è tutto. Il Monsignore aveva una specializzazione, una sorta di master angelico. Dava il meglio di sé nel confessare le suore. E, in quei giorni benedetti, secondo quanto si accertò, aprirono il loro cuore e affidarono al sant’uomo i loro, piccoli o grandi segreti, davvero molte delle suore di ordini e conventi di Riva e di Arco.
In storie come queste, così va il mondo, dopo l’apoteosi c’è spesso la caduta. Tanta fama non poteva non generare qualche interrogativo e, magari, anche qualche sospetto. Si mosse forse il Vescovo o una sospettosa parte del clero locale. I Carabinieri prelevarono così il Confessore. Condotto che fu in caserma, grazie a foto segnaletiche, telefonate, fax, cablogrammi, si scoprirono gli altarini. Il suadente Monsignore era un millantatore, un famoso mitomane che aveva battuto zone e parrocchie dell’Alta Italia confessando legioni di fedeli e buona parte della comunità planetaria delle suore. Disse di avere la vocazione. Uno ha quella dell’idraulico o del pompiere, lui aveva quella del Monsignore. Al Maresciallo, che gli intimò: “Confessi!”, ribatté: “Non faccia confusione, sono io che devo confessare Lei!”.
Piccola nota: la storia è vera e finì sui giornali. Magari, in questo mio ricordo, c’è qualche trascurabile imprecisione ma, ne sono certo, ci sono in zona testimoni credibili per essere stati, in quel tempo strampalato, confessati ed assolti dal falso Monsignore, per qualche giorno l’affascinante padre Ralph di casa (e chiesa) nostra.
Vittorio Colombo

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