“El moros dela nona: il poeta Giacomo Floriani e gli attori rivani

Vittorio Colombo12/12/20214min
floriani


“Che la nona la gavese perfin el moros, roba da mati! No ghe pu’ religiom”. A mandare allo sbaraglio gli attori della Filodrammatica rivana furono l’Arrigo Dal Lago e il poeta Giacomo Floriani. Il primo curò la regia, il secondo riscrisse in dialetto rivano la commedia che Giacinto Gallina aveva scritto in dialetto veneziano.
“El moros de la nona”, andò in scena alla fine del 1947 al teatro dell’Oratorio. Il successo fu tale da spalancare alla Filodrammatica rivana la grande ribalta del oggi rimpianto teatro Perini. Per “El moros” ci furono due o tre repliche al Perini e altrettante in giro per il Basso Trentino.
Giacomo Floriani, anima dialettale della rivanità, non mancava mai alle prove, lui sempre burbero e taciturno, sicché il regista Dal Lago si rivolgeva non al poeta, “…perso drio ale so pipe, i so scarponi e i so crozi”, ma a sua moglie Lucia. La Lucia che, con il suo fare da “menar la polenta”, correggeva la pronuncia di questa o di quella parola. In tal modo il dialetto rivano era garantito.
C’era una volta la Filodrammatica rivana, tanti personaggi che vivono nei ricordi delle famiglie. La piazza era conquistata e così Giacomo Floriani, tra un Canzoniere e l’altro, impartì la benedizione del dialetto rivano alle “Acque Chete” del toscano Augusto Novelli che, all’ombra della torre Apponale, diventarono “Brase Cuerte”, donne che sotto l’immagine di pie madonne ardono di passioni. La Filodrammatica era al massimo splendore con Carla Trenti, Piera Martinelli, Anna Molinari, Beppino Gelpi, Gianni Bresciani, Eugenio Bertaiola, Egidio Molinari, Dirce Malossini, Carmen Pederzolli, Rina Zanca, Tino Chesani, Mario Santoni, Riccardo Pinter. Erano inoltre della partita il Gottoli e Mario Matteotti scenografi, il truccatore Vittorio Sisler, il suggeritore Eugenio Campanale, e il capo-macchinista Domenico Rigatti.
Fu un’apoteosi. Ma fu proprio “El moros de la nona” che nel 1947 fece registrare un evento epocale che rivoluzionò una tradizione teatrale “separatista” in fatto di sessi. Caddero infatti le barriere che tenevano su palchi distinti attori maschi e femmine, gli uni all’Oratorio di viale dei Tigli, le altre al Conventino dell’Inviolata.
I maschi smisero di indossare gonne e parrucche, le attrici di calzare pantaloni e di mettersi baffi e barbe. L’artefice del “miracol” fu don Alcide Donati, l’assistente, che convinse monsignor Paolazzi che i tempi del “done, omeni e diaol en mez” erano finiti…
Ma da anni che passione ed estro si esprimevano in nuclei familiari, composti da aspiranti attori maschi e femmine tre fratelli erano infatti i Molinari con in più la cugina Carla Trenti e tre erano i Gelpi, ed altre famiglie erano nelle stesse condizioni. Durò dal 1947 al 1952 la felice stagione della Filodrammatica rivana da consegnare, con la benedizione del poeta Floriani e della moglie Lucia, alla storia ed alla gloria.
Vittorio Colombo

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