Cinema Perini, quando la “pizonèra” era il Bronx
Se si farà l’associazione “Noi figli del Bronx-pizonèra Perini” mi proporrò per la presidenza. Ho tanti attestati di vita vissuta. Ma ormai sono per lo più ricordi. Anche se da qualche parte ci deve pur essere una giacca con la manica annerita. Arrivavano cerini accesi come proiettili. Fumo, fiamme e urla degli spettatori. Era una domenica pomeriggio e tutto accadde su nella “pizonèra” del Perini, il Bronx della gioventù rivana anni Sessanta. Proiettavano la “Fiamma del peccato”. Film che diventò per forza di cose “a luci rosse”, con molti bagliori.
Alla mamma, la sera, mostrando i resti anneriti, dissi: “Peccato per la fiamma”. Va beh, altri hanno titoli più tosti per fare il presidente dell’associazione, gente che i Pompieri, con i Carabinieri, li ha fatti correre davvero. Anche per sedare risse tra bande, quella del Marocco sempre in lotta con quella Rione Degasperi. In mezzo stavamo noi, cani sciolti, gente di paese, di S. Alessandro, di Varone, della Pasina, e con noi c’era la compagnia degli “Scarponi selvaggi” di Campi.
Il Perini, purtroppo raso al suolo, era un cinema teatro gioiello a tre piani, con tanto di logge e loggette. Nella sala, in basso, le famiglie e i “comuni” spettatori, Al primo i salottini dei danarosi e delle coppiette in cerca di intimità, dietro le spalle il buco dal quale usciva la proiezione. Quelli che chiedevano “pizonera”, si autodenunciavano pagando con il mucchietto di monete che cavavano dal fazzoletto sporco di moccio e annodato.
Il loggione, chiamato in lingua colta “piccionaia”, in buon rivano “pizonera”, era conosciuto come “il Bronx”. Era per il proletariato, per chi voleva far casino e per le bande di ragazzi. Era anche il posto scelto da coppie, regolari o irregolari che, stufe di ribaltare i sedili della “500”, a luci spente, usavano il separè della loggetta come alcova. E allora il sonoro del film si arricchiva di cigolii, sospiri, gemiti ed altri rumori inconfessabili. Una volta una mutanda piombò in testa ad un noto avvocato che stava in sala. O almeno così la racconta lui.
Al “Perini”, come del resto al “Roma”, si entrava alle 14 e si usciva alle 18, due spettacoli e mezzo almeno per vedere il film due o tre volte. Qualcuno ricorda, adolescente focoso, il primo bacio durato almeno un tempo. Dal loggione cadeva di tutto sulla testa di chi stava in sala: aerei di carta, ortaggi, giacche sottratte ai vicini. Il peggio arrivava con il lancio dei mozziconi di sigarette, una specialità dei ragazzi delle bande che talvolta sputavano in basso anche cicche masticate. Qualche ragazza “colpita” dal proiettile appiccicoso caduto dall’alto ricorda che fu poi costretta a tagliarsi i capelli. Poi c’era sempre uno che iniziava con una scarica di colpi di tosse che poi si propagava e tutti ci davano dentro, tanto che era impossibile seguire il sonoro. Non era poi un segreto: su viale Dante si apriva una porta semi-nascosta, sorta di uscita di emergenza, che uno dall’interno apriva facendo entrare gli amici.
Si ricordano film interrotti per tumulti e scontri tra quelli della sala ed i reprobi del loggione, si ricordano raid punitivi con sgombero del loggione da parte di robusti personaggi che oggi sarebbero chiamati “buttafuori”. Ma quanti hanno vissuto i propri anni verdi in quel Perini-Bronx “piccionato”, possono rivendicare ruoli mai più dimenticati nel commovente film: “Quella sporca dozzina rivana”. Ad un solo passo dal cielo.
Vittorio Colombo.