Il San Rocco della Piazzetta di Riva era il “calciatore del fil de fer”
Non fa in tempo a passare Ferragosto che ti arriva San Rocco; venerdì 16 sarà festa in molti paesi per il Santo anti-peste. Dopoguerra e primi anni ‘50. La Piazzetta di San Rocco, nel cuore di Riva, era un singolare campo di calcio. Tutto il giorno i “piazzaroi” disputavano partite al coltello. Il pallone, battendo contro muri e finestre, rimbalzava e tornava sempre in gioco. La statua di San Rocco “partecipava” standosene nella nicchia sopra l’altare. Una parte dell’abside con la nicchia del Santo era tutto quello che restava della antica chiesa bombardata nella Prima Guerra Mondiale. C’era dunque questa nicchia, dentro un po’ in alto la statua, quindi l’altare e un cancello davanti a chiudere il tutto. Lo stato di degrado era totale. La statua del Santo veniva centrata da pallonate di ogni tipo e ne portava i segni. Una pallonata aveva schiantato perfino il pane che il suo cane aveva tenuto tra i denti. Così il cane se ne stava a bocca aperta ad acchiappare mosche. La statua aveva, per fortuna, una base solida, ma se una pallonata la colpiva minacciava di cadere in avanti e di finire in mille pezzi. I pestiferi calciatori fissarono allora sulla schiena della statua un filo di ferro, volutamente non teso, che la ancorava alla parete. Succedeva così che la statua, centrata dall’ennesima pallonata, cadeva di schianto in avanti. Ma, ben fisso dalla parte dei piedi, il San Rocco statuario si bloccava di colpo, a mezz’aria. Se ne stava così perpendicolare al suolo, come uno stoccafisso. “Colpito!” urlavano i “piazzaroi”. Ed era un gioco infilarsi tra le sbarre del cancello e tirare il fil di ferro. Così la statua del Santo lentamente “risorgeva”, tornando nella posizione eretta. Questo accadeva tutto l’anno. Ma il 16 agosto era tutt’altra musica per la festa dell’orgoglio. Tutti si mobilitavano. Una parte della Piazza era in terra battuta, l’altra pavimentata con ciottoli era destinata ad accogliere i carri. Nel bel mezzo venivano piantati dei pali, foderati con “il verdo” e gli “spinasórsi”, cioè i pungitopo dalle bacche dal bel colore rosso. Il tutto veniva recuperato disboscando mezzo Bastione. Dai pali verso le case partivano i festoni con le catenelle e, appesi, i palloncini di carta colorata, nei quali la sera mandavano bagliori le fiamme delle candele accese. Sulle finestre apparivano le candele accese, i “mòcoi”, e venivano esposte lenzuola, mutandoni e tappeti. La cappella, immondezzaio tutto l’anno con annessa una buia sagrestia usata come gabinetto, veniva ripulita a dovere, perfino dalle pantegane. La piazza si riempiva. Tutta Riva partecipava alla serata di festa. La statua del Santo era stata ripulita con olio di lino e la cancellata luccicava grazie a un bagno di nafta. Davanti all’abside venivano sistemate alcune file di sedie per i fedeli. Su un tavolino la cassetta per le offerte “Pro San Rocco” con la solita mano che scriveva sotto “Pro sgnapa della signora Tal dei Tali”. Finita la Messa, fendevano la folla carrettini colmi di angurie. Si distribuivano le fette e iniziava la battaglia con bucce che volavano a raffica tra bestemmioni mai sentiti. E il Santo? Si vedeva che era contento, ma la storia delle pallonate la sapevano tutti. Per questo i Rivani chiamavano la statua della Piazzetta il “San Rocco del fil de fer del balóm”.
(Dai ricordi di un ex ragazzo testimone superstite di quei tempi lontani. Nella foto, anni 90, a destra la cappella ristrutturata)
Vittorio Colombo