
“Davvero preoccupa il proliferare di agriturismi e agricampeggi in Alto Garda e il moltiplicarsi di richieste per nuove strutture.” Comincia così il comunicato diffuso nei giorni scorsi dal Coordinamento Tutela Ambiente Alto Garda e Ledro che punta il dito contro una tendenza ormai diffusa: la nascita di aziende agricole create ad hoc per aprire attività turistiche, più che per coltivare la terra.
Secondo gli ambientalisti si tratta di un fenomeno che “tradisce lo spirito, e in alcuni casi anche la lettera, della legge provinciale 10/2019”. La norma, ricordano, nasceva con un obiettivo preciso: permettere agli agricoltori di integrare il proprio reddito attraverso l’ospitalità turistica, evitando l’abbandono dei terreni e promuovendo i prodotti locali. Ma la realtà, denunciano, si sta allontanando sempre più da questo principio.
“Da noi assistiamo alla creazione di aziende agricole con il solo scopo di avviare agriturismi e agricampeggi – scrivono dal Coordinamento – Così facendo si agevolano speculazioni edilizie su terreni agricoli.”
Le maglie larghe della legge permettono infatti che i soci di un’azienda agricola non siano tutti agricoltori professionali e, per i giovani, che non servano nemmeno i tre anni di iscrizione all’albo APIA. In questo modo, sottolineano gli ambientalisti, chiunque può avviare una struttura turistica in zona agricola, approfittando di norme pensate per tutt’altro.
Un altro punto critico riguarda l’ubicazione delle strutture. La legge prevede che l’attività agrituristica debba trovarsi “presso il centro aziendale o in prossimità dello stesso” e, se in area di pregio, “in posizione paesaggisticamente meno impattante”. Tuttavia, “viene spesso scelto il posto turisticamente più attrattivo”, affermano dal Coordinamento, “in aperta contraddizione con la finalità della norma”.
Gli ambientalisti accusano inoltre i Comuni di scarsa vigilanza. “Non ci risulta, almeno in Alto Garda, che le Amministrazioni comunali svolgano il ruolo di controllo che la legge affida loro,” scrivono. A preoccupare è anche il modo in cui vengono calcolate le superfici agricole minime necessarie per ottenere l’autorizzazione: “Si ricorre, in più di un caso, a conteggiare terreni agricoli di comuni confinanti, anche di dubbia resa produttiva, pur di raggiungere furbescamente il requisito richiesto.”
Oltre alle presunte irregolarità, il Coordinamento denuncia la mancanza di trasparenza. “Frequentemente non si vede esposto al pubblico, come prescritto, il documento SCIA con i periodi di apertura, i prezzi massimi e il numero di posti letto o piazzole consentiti.”
Non manca poi il riferimento ai contributi pubblici: solo ad Arco, segnalano, “cinque nuovi agriturismi o agricampeggi hanno ricevuto quasi 900 mila euro di sovvenzioni, di cui una parte finanziata dalla Provincia.”
“Condividiamo l’utilità dei contributi in zone montane o per i giovani agricoltori – precisano gli ambientalisti – ma in alcuni casi vengono premiate iniziative a carattere speculativo.”
La conclusione è un appello chiaro: “Servono norme più restrittive e controlli seri, in particolare per ambiti come l’Alto Garda, affinché gli aiuti vadano ai veri agricoltori e non a chi sfrutta l’agricoltura come pretesto.”