
«Niente calendario comunale. Niente notiziario. Due cose che ad Arco ci sono sempre state. Quest’anno no». Parte da qui, con una constatazione asciutta e difficilmente contestabile, la riflessione pubblicata il 23 dicembre, da Guido Trebo, ex assessore alla cultura, che ha scelto di intervenire nel dibattito cittadino sollevando una questione tutt’altro che marginale: la capacità dell’attuale amministrazione di garantire l’ordinario.
Secondo Trebo l’assenza di due strumenti storicamente consolidati nella vita amministrativa di Arco non può essere liquidata come un dettaglio. «Sono due elementi dell’ordinaria amministrazione, consolidati nel tempo, che fanno parte del funzionamento normale del nostro Comune. La loro assenza non è quindi un dettaglio trascurabile, ma, a parer mio, un segnale preciso», scrive l’ex assessore, ponendo una domanda che diventa il filo conduttore dell’intero intervento: «Se un’amministrazione fatica a portare a casa l’ordinario, quanto sono credibili le grandi promesse sul futuro?»
Nel suo testo, Trebo insiste su un punto che nasce dall’esperienza diretta di governo della città. «Sono convinto che un’amministrazione si giudichi prima di tutto da ciò che riesce a fare concretamente, non da ciò che annuncia», afferma, mettendo in discussione un equivoco che spesso emerge dopo le elezioni: «l’idea che basti “comandare”, che, una volta insediati, i meccanismi si muovano da soli». Un’idea che, secondo l’ex assessore, non corrisponde alla realtà quotidiana di un Comune come Arco.
La macchina amministrativa, ricorda Trebo, è fragile e lavora in equilibrio costante. «Il Comune di Arco ha un personale ridotto all’osso, uffici che lavorano sotto pressione costante e che riescono a tenere in piedi la macchina solo se c’è una guida politica presente, attenta, quotidiana». Non basta, quindi, indicare una visione generale: «Non serve qualcuno che “dà le linee” ogni tanto: serve chi si sporca le mani ogni giorno, chi segue, sollecita, programma, risolve problemi grandi e piccoli».
Quando questo presidio politico viene meno, la conseguenza è chiara: «Quando questo presidio politico manca, le cose semplici iniziano a saltare. Ed è esattamente ciò che mi pare stia accadendo». Da qui la convinzione che l’assenza di calendario e notiziario non sia un problema organizzativo imputabile agli uffici. «È bene dirlo senza ambiguità: non credo che la responsabilità sia degli uffici comunali», sottolinea Trebo, difendendo apertamente il lavoro del personale. «Il personale ha sempre lavorato e lavora con professionalità e dedizione, spesso in condizioni difficili e con carichi davvero pesanti».
Il nodo, ribadisce, è a monte: «Gli uffici non decidono, non programmano politicamente, non scelgono le priorità. Possono funzionare solo se qualcuno, a livello politico, fa il proprio mestiere fino in fondo». E ancora: «Quando mancano calendario e notiziario, secondo me, non è perché “gli uffici non hanno avuto tempo”: è perché a monte non c’è stata una direzione politica che li considerasse una priorità e li seguisse passo dopo passo».
La riflessione si allarga poi alle prospettive future annunciate dall’amministrazione. «È facile parlare di visioni, strategie, grandi progetti. Tutti sanno farlo. Molto più difficile è reggere il peso del quotidiano», scrive Trebo, indicando quello che a suo avviso è il vero banco di prova di una giunta: «Le cose che la città si aspetta ogni anno vengono garantite? ciò che è prevedibile viene programmato per tempo? qualcuno si assume la responsabilità di far funzionare la macchina, ogni giorno?».
Da qui il collegamento con i piani culturali illustrati per i prossimi anni: ex Quisisana, Castil, spostamento della biblioteca, ridefinizione di Palazzo dei Panni, ampliamenti museali e nuovi contenitori culturali. Progetti definiti «operazioni complesse, che richiedono anni di lavoro, coordinamento continuo, capacità amministrativa solida e un rapporto serio con la Provincia». Ma la domanda resta sospesa: «Se non si riesce a portare a casa l’ordinario, con quale credibilità si promettono interventi così importanti?».
Non manca, infine, una critica alla confusione strategica sul futuro del museo e della biblioteca. «Vista dall’esterno, questa sequenza non restituisce un disegno coerente, ma piuttosto l’impressione di scelte non pienamente governate», osserva Trebo, arrivando a chiedersi apertamente: «Insomma, il museo resterà a Palazzo dei Panni o se ne andrà a Villa Angerer?».
La conclusione riporta il discorso alla sua dimensione più politica e, insieme, più concreta. «Amministrare Arco non è un premio da incassare dopo le elezioni. È un impegno che richiede presenza, tempo, fatica, capacità di stare dentro i problemi ogni giorno». Quando questo lavoro manca, avverte l’ex assessore, «a pagare non è la Giunta, ma la Città». (n.f.)