“È ancora tutto in stand by.” Risponde così Giacomo Bernardi, presidente della Lido SPA, in merito all’articolo apparso sulla stampa giorni fa in cui i fratelli Mandico, portatori di interesse per la gestione della Spiaggia degli Olivi, sollevavano perplessità sullo stabile e le attrezzature interne. Cucina di piccole dimensioni e troppo cemento all’esterno (è stata la Soprintendenza ai beni Culturali a dire che l’area esterna doveva essere così nel rispetto del progetto maroniano) non danno la possibilità di lavorare se non con pochi coperti, venti al massimo. Carmine, Alessandro e Gianluigi Mandico hanno detto chiaramente cosa va fatto se si vuole veramente risollevare la Spiaggia degli Olivi dal suo “torpore” dopo tre tentativi di appalto andati a vuoto. “La cucina è troppo piccola e la sua cappa di aspirazione è fuori norma – ha detto Carmine – Inoltre all’esterno andrebbe messa dell’erba perché così com’è ora d’estate si soffoca per il caldo. Fuori la struttura deve cambiare se si vuole dare un’immagine diversa in modo che i rivani ne vadano fieri”. Un altro problema sono gli attracchi esterni delle imbarcazioni quando in Fraglia si organizzano regate perché, afferma sempre Carmine “c’è una striscia dove alla Fraglia è consentito l’attracco ma per gli spazi privati è diverso. Non è che si possano usare a proprio piacimento”. Insomma, all’orizzonte della stagione 2020 sembra profilarsi un altro intoppo per la gestione del compendio maroniano, premesso che il contratto d’affitto parla di nove anni più eventuali altri nove se non si riuscirà a trovare una soluzione. Per i Mandico il tutto “regge” se i coperti potranno essere almeno 60 e se, nella parte ad est, si potrà fare ristorazione veloce con un bar aperto mattino e sera mentre la parte ovest verrebbe dedicata alla ristorazione “raffinata”.
Altri problemi segnalati sono gli infissi che non isolano e la mancata accessibilità dei bagni.
Per ultimo i titolari dell’unica ditta che hanno manifestato il loro interesse alla gestione dichiarano “Non vogliamo spendere soldi per la casa degli altri. Già serve un grosso impegno economico per gli arredi, le luci, i macchinari, l’utensileria professionale; vorremmo che alle cose che restano ci pensasse la proprietà. In fondo stiamo remando tutti nella stessa direzione. Noi ci mettiamo la nostra professionalità e la nostra storia: questa impresa o la si fa bene oppure è meglio rinunciare».