
Succede, a volte, che i fili della memoria si intreccino nei luoghi più silenziosi. È capitato anche stavolta tra il Basso Sarca e la Vallarsa, dove due piccoli cimiteri di montagna si sono ritrovati uniti nel nome di Giacomo Floriani, il poeta rivano che delle nostre terre sapeva ascoltarne il respiro.
Tutto è nato da un gesto semplice, di quelli che fanno capire quanto il ricordo sia più forte del tempo. Fiorella Malfer, roveretana, ha avvisato l’amico Alessandro Parisi dell’associazione “Giacomo Floriani” che nella bacheca del cimitero di Obra,un pugno di case affacciate sulle Piccole Dolomiti, era comparsa la poesia “En zimiteri de montagna”. Una poesia dedicata, in realtà, al minuscolo cimitero di Calvola di Tenno. Chissà chi l’aveva portata lassù: “qualche anima pia”, hanno pensato tutti. Qualcuno che, forse passando, aveva sentito che quei versi potevano appartenere anche a Obra, alle sue croci immerse nell’erba alta, alle sue pietre dove il vento si ferma un attimo prima di ripartire.
Ma il foglio era ormai rovinato dal tempo, quasi illeggibile. Così Parisi e Malfer sono saliti fino a Obra per sostituirlo con una copia nuova, stampata e protetta, fatta per durare. Un gesto piccolo, ma che in montagna conta: come rimettere a posto una fontana o aggiustare un muretto a secco. Un segno di cura.
Ad accoglierli c’erano Mario Raoss, vallarsese e autore di “Vallarsa dai rami alle radici”, il comune amico Italo Plotegher di Besenello, Carlo Arlanch (marito di Fiorella e originario del posto) e i rappresentanti del Comitato del Cimitero, il presidente Mario Parmesan e il segretario Flavio Cobbe. Una piccola compagnia, raccolta davanti alla bacheca, quasi come attorno a un focolare.
Mentre la poesia veniva sistemata, qualcuno ha ricordato i versi più noti del Floriani. Parole che, tra quelle creste, sembravano tornare a casa.
Per Alessandro Parisi la giornata è stata anche l’occasione per conoscere meglio la Vallarsa e le sue storie, quelle che resistono nei dialetti, nei soprannomi delle famiglie, nei modi di dire che ancora fanno sorridere. È nato così un legame nuovo, quasi un gemellaggio non scritto tra Calvola e Obra: due piccoli cimiteri di montagna che, attraverso una poesia, hanno trovato un modo per parlarsi.
E forse, da qualche parte, Giacomo Floriani sorride. Perché la sua voce, ancora una volta, è riuscita ad attraversare valli e sentieri, riportando pace e memoria “a le nosse anime, a la nossa tèra”.
En zimiteri de montagna
di Giacomo Floriani
Mé piaseria polsar en santa paze
en de stó zimiteri de montagna,
con dentro poche cros e tanti nivi,
con dentro pochi lussi e tanti fiori.
En de stó zimiteri larc ‘na spanda,
sempre avert per i morti e per i vivi,
con de ‘n muret che ogni tant el sbanda,
e sorvelià da ‘n bel gropet de pini.
Dentro, che polsa da pareci ani,
gh’è ‘l Barbalonga, ‘n cazzador coi fiochi,
e arént el Brisa, ‘n zercador de fonghi
che, bravo come lu ghe n’era pochi.
Cossí ‘n de le not longhe e senza luna,
noaltri, senza tanti complimenti,
a la bóna, soto ‘l gropet de pini,
sé poderia contarsela conténti.
Parlar de gai zedroni, de camozzi,
de rampegade ‘n sengie malsicure,
de tassi e volp stanae da le só tane,
de fonghi, de becazze e de pasture.
E dopo mé piaseria, a quela pòpa
che quando comparis le prime stéle
la ciama e la riciama la só mama,
regalarghe ‘na púa de genzianele.
E fóra per l’istà e la primavera,
vardar le vache a nar a le só malghe,
le cavre capitar de gran cariera
e, sui dossi, le pégore che magna.
Ah si, mé piaseria polsar en paze,
en de stó zimiteri de montagna.


