L’Associazione Via Pacis di Arco ha organizzato una serata dal titolo “Il grido del Myanmar”, con la partecipazione online delle suore Ancelle Missionarie del Santissimo Sacramento, collegate direttamente dalle Filippine e da Roma.
La serata informativa è stata organizzata per raccontare cosa succede in Myanmar a un anno dal Colpo di Stato, cosa sta vivendo il popolo birmano in questa guerra dimenticata.
Sono state intervistate suor Rosanna Favero, di origine veneta e nelle Filippine da 30 anni, referente per la presenza della sua congregazione in Myanmar, e suor Jury, birmana, attualmente nelle Filippine. «Il mio cuore è stanco di sentire sempre notizie tristi del mio paese – ha detto quest’ultima – Il mio cuore soffre nel vedere persone che hanno perso tutto e non possono vivere nelle loro case, non possono lavorare e sono minacciate di morte o uccise senza alcuna colpa».
Nel primo periodo del disordine le suore offrivano rifugio e aiuto ai tanti bisognosi, col cuore in gola, sentendo gli spari appena fuori dalla porta. Ogni attività veniva fatta silenziosamente perché qualsiasi rumore poteva attirare l’attenzione dei militari.
«Successivamente – racconta Suor Rosanna Favero – le truppe hanno iniziato a punire le persone che non ubbidivano con arresti o incendi delle loro case. Questo ha portato la gente ad aver sempre più paura e sentire la necessità di fuggire. Così è cominciato l’esodo nelle foreste o sui monti» .
In questo contesto disperato le chiese, i conventi e le case religiose hanno alzato bandiera bianca per offrire asilo alle persone, ma i militari non hanno escluso dai bombardamenti nemmeno questi luoghi.
In una situazione in cui il governo ha impedito anche alla Chiesa di aiutare i poveri, chiudendo l’ospedale diocesano e aumentando i controlli su preti e suore, si è formata una catena di solidarietà tra sacerdoti e religiosi, assieme a laici fidati che portavano aiuti nella foresta dov’erano nascoste famiglie intere per scappare ai militari. La solidarietà è stata una luce di speranza grazie gli aiuti arrivati da associazioni internazionali come Via Pacis e Caritas Antoniana, che mandano costantemente sostengo economico.
«Tanti sono uccisi senza colpa dalle bombe o dalla violenza dei militari che arrestano, torturano – racconta suor Jury – Ricevo notizie della morte di persone che conosco e parenti, come mio cognato che è stato bruciato vivo insieme ad altre 30 persone la vigilia di Natale. Giovani del mio villaggio che conoscevo bene che sono stati arrestati, torturati, uccisi e gettati nelle discariche. Le famiglie sono separate, senza casa, senza lavoro, senza cure». Una sofferenza, quella di suor Jury, che viene alimentata anche dal silenzio mediatico attorno a questa situazione disperata. I dati che arrivano da quelle zone sono sfalsati, i morti sono molti di più e questo silenzio è davvero doloroso e pesante.
Al termine della serata Don Francesco Scarin, parroco di Arco, insieme a tutta l’assemblea ha chiesto per il popolo birmano una preghiera di pace e speranza.